Ape Sociale e Opzione Donna: qual è più conveniente? Attenzione ai nuovi requisiti

Con la Legge di Bilancio 2023, restano in vigore l’Ape Sociale e Opzione Donna. Quale sarà il destino di queste due misure?

Le modifiche ad Opzione Donna hanno sollevato una serie di polemiche, perché impediscono a molte lavoratrici si usufruirne.

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Per il 2024, tuttavia, potrebbe esserci un’ulteriore svolta, con l’attesissima Riforma previdenziale. Analizziamo tutte le novità.

Leggi anche il seguente articolo: “Opzione Donna: grande preoccupazione per le ultime modifiche, la pensione è a rischio?

Ape Sociale o Opzione Donna? Cosa accadrà con la Riforma delle Pensioni?

In Redazione è giunto tale interessante quesito, da parte di una nostra Lettrice:

Salve, ho 62 anni, sono disoccupata ed ho appena terminato la NASPI. Vorrei sapere se nel 2024 posso presentare domanda per Ape Sociale (ovviamente se verrà prorogata), anche se ho maturato i requisiti per Opzione Donna. Grazie e buon lavoro.”

Al momento, sia l’Ape Sociale sia Opzione Donna sono state riconfermate per un altro anno. Non è, purtroppo, possibile fare previsioni per il 2024, perché potrebbe essere l’anno della Riforma delle Pensioni.

La Ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha fornito qualche anticipazione al riguardo, sottolineando come l’intenzione del Governo sia quella di approvare la Riforma per il 2024. La priorità è quella di non aggravare la spesa pubblica e, allo stesso tempo, non pretendere eccessivi sacrifici dai lavoratori.

Secondo le anticipazioni della Ministra, il progetto di Riforma è rivolto, innanzitutto, all’eliminazione della maggior parte degli strumenti sperimentali di pensione anticipata (come Quota 100 e Quota 103), per introdurre nuovi strumenti di pensionamento, oppure per rendere strutturali alcuni già esistenti (come l’Ape Sociale). L’obiettivo sarebbe anche quello di favorire l’adesione a Fondi integrativi pensionistici.

La Ministra ha, inoltre, dichiarato che “si cercherà di individuare l’accesso a pensioni più compatibili con le esigenze personali e sanitarie del lavoratore. Si introdurranno forme sostenibili di compartecipazione fra oneri a carico del datore di lavoro e dello Stato, con esodo dei lavoratori più vicini alla pensione ed incentivi per le assunzioni che consentano un efficace rilancio dell’occupazione giovanile”.

Al momento, però, è difficile ipotizzare cosa succederà nel 2024.

Ape Sociale: quando è ammessa?

La Legge di Bilancio ha esteso la validità dell’Ape Sociale anche per il 2023. Si tratta di un sussidio economico erogato, a determinate condizioni, in attesa del raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni). Per ottenerlo, è necessario maturare 63 anni di età e 30 o 36 anni (a seconda dei casi) di contribuzione, tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2023.

L’importo dell’assegno mensile corrisponde a quello della pensione maturata al momento della domanda, per un massimo di 1.500 euro lordi.

È necessario, tuttavia, non essere titolari di una pensione diretta e la cessazione di qualunque attività lavorativa, dipendente, autonomo e parasubordinata.

Per ottenere l’Ape Sociale, bisogna presentare due distinte domande. Una relativa ad riconoscimento del diritto e, poi, quella per la liquidazione del sussidio. La richiesta di riconoscimento del diritto deve essere inoltrata entro il 31 marzo, entro il 15 luglio e non oltre il 30 novembre.

Consulta anche: “Pensione Ape Sociale 2023, quali sono i nuovi requisiti? Tutto quello che c’è da sapere“.

A chi è rivolta l’Ape Sociale?

Nessuna novità per i beneficiari dell’Ape Sociale. La misura, dunque, continuerà ad essere accessibile per:

  • disoccupati che, nei 36 mesi antecedenti la cessazione del rapporto di lavoro, hanno prestato attività lavorativa per almeno 18 mesi. È richiesta anche un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • caregivers, da almeno 6 mesi, del coniuge o di un parente di primo grado convivente o di un parente o affine di secondo grado, affetto da disabilità grave. Bisogna possedere almeno 30 anni di contributi;
  • soggetti con una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% e con un’anzianità contributiva di 30 anni;
  • lavoratori addetti alle mansioni gravose, elencate nell’Allegato 3 della Legge n. 234/2022, con almeno 36 anni di contribuzione. Per gli operai edili, i ceramisti ed i conduttori di impianti per la formatura di beni in ceramica e terracotta sono richiesti 32 anni di contributi. È necessario, inoltre, lo svolgimento di tali attività da almeno 7 anni negli ultimi 10 oppure da almeno 6 anni negli ultimi 7.

Per le donne madri è previsto un particolare sconto contributivo di 1 anni per ogni figlio, fino a un massimo di 2 anni.

Opzione Donna: cosa cambia per le lavoratici?

La Legge di Bilancio 2023, come abbiamo già accennato, ha prorogato anche Opzione Donna. Tale strumento, tuttavia, potrà essere utilizzato solo da una cerchia ristretta di beneficiarie (meno di 5 mila, secondo le stime), a causa delle limitazioni introdotte dalla Riforma.

Attualmente, possono beneficiare della pensione anticipata, le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2021, hanno maturato:

  • 58 anni di età, se dipendenti, oppure 59 anni, se autonome;
  • almeno 35 anni di contribuzione.

Sono, inoltre, attive le cd. finestre mobili di decorrenza dell’assegno. Questo vuol dire che le beneficiarie riceveranno la prima rata della pensione dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti (se dipendenti) oppure dopo 18 mesi (se autonome).

In virtù delle modifiche introdotte con l’ultima Legge di Bilancio, da quest’anno, Opzione Donna sarà accessibile solo alle seguenti categorie:

  • disoccupate licenziate o dipendenti di aziende con attivo un tavolo di crisi presso il Ministero;
  • disabili con una percentuale di invalidità di almeno il 74%;
  • caregivers che prestano assistenza, da almeno 6 mesi, a familiari conviventi affetti da disabilità grave, ai sensi della Legge 104/1992.

Variano, inoltre, i presupposti anagrafici. La misura, infatti, sarà accessibile a coloro che, entro il 31 dicembre 2022, hanno compiuto 60 anni. Viene meno, dunque, la distinzione tra lavoratrici autonome e dipendenti. È introdotto, tuttavia, uno sconto per le madri, che possono andare in pensione con 1 anno di anticipo per ogni figlio, fino ad un massimo di 2 anni.

Di conseguenza, potranno smettere di lavorare a 59 anni coloro che hanno 1 solo figlio, mentre a 58 anni coloro che hanno 2 o più figli. Per le lavoratrici disoccupate o dipendenti di aziende in crisi, l’età pensionabile è sempre di 58 anni, a prescindere dai figli.

È invariato, infine, il calcolo dell’assegno pensionistico con il sistema contributivo puro.

Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.

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