Pensioni a rischio se manca questa verifica che richiede l’INPS, il motivo è inquietante

Senza verifica statistico-attuariale è impossibile valutare l’effettivo stato di salute dell’istituto di previdenza, anche se – visto il delicato momento socio-economico per il paese – questo sarebbe necessario. 

La verifica attuariale è una fase molto importante di valutazione dello stato di salute dell’Inps, e dunque dell’equilibrio dei suoi numeri.

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Come reso noto dalla Corte dei Conti, è dal 2017 che non si hanno dati aggiornati relativi alla verifica attuariale. Una recente relazione di questo organo dello Stato ci indica infatti che tracce recenti del rendiconto delle casse Inps non ve ne sono.

Proprio così: è dai tempi in cui alla presidenza c’era Tito Boeri che non escono dati della verifica attuariale. Insomma, quanto basta a destare un certo clamore e a costituire un allarme per le pensioni. Senza verifica attuariale i trattamenti pensionistici dei cittadini sono a rischio? Vediamolo insieme, chiarendo perché è così importante fare la verifica attuariale.

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Verifica attuariale, pensioni e conti INPS: il contesto di riferimento

La verifica attuariale altro non è che il rendiconto o analisi periodica dello stato di salute dei conti dell’Inps. L’operazione ricorre ogni triennio e, appunto, nel 2020 non è stata fatta alcuna verifica attuariale, pur essendo dovuta. Insomma siamo innanzi ad un ammanco di controlli che prosegue fino a quest’anno.

Attenzione però, perché a garantire il controllo sulla sostenibilità del sistema pensionistico del nostro paese è tenuto uno specifico ufficio dell’INPS, il Coordinamento statistico attuariale. Esso deve svolgere un controllo triennale previsto dalla legge, ma a questo punto il condizionale ‘dovrebbe’ non è fuori luogo, dato che la citata verifica è ferma da anni.

Non dimentichiamo poi quanto segue. Le casse dell’INPS e la tenuta del sistema previdenziale italiano sono elementi che fanno riflettere sulla necessità di una riforma pensioni intelligente e lungimirante, che possa contribuire a preservare le risorse dell’istituto di previdenza nel corso del tempo.

D’altronde ci sono di mezzo i diritti di milioni di pensionati, ma anche le aspettative delle giovani generazioni. E queste ultime già debbono fronteggiare il problema di politiche del lavoro fallimentari che, in più casi, non hanno portato a nulla di concreto o, al più, ad occupazioni precarie. Ora si sommerebbe anche la questione della tenuta delle casse INPS, non certificata per assenza della citata verifica.

Lo spettro di un sistema pensionistico che non riesce più a pagare tutti gli aventi diritto purtroppo c’è, se è vero che la stessa Premier ha recentemente detto ai sindacati che, senza operazioni argute e di largo respiro, si rischiano pensioni future inesistenti o comunque non in grado di coprire le spese quotidiane.

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La relazione della Corte dei Conti indica con chiarezza la situazione

È a pagina 8 della relazione della Corte dei Conti che si fa specifico riferimento a quelle regole di legge, che impongono che la sostenibilità del sistema pensionistico italiano sia sottoposta ogni tre anni a una verifica statistico-attuariale da parte dello stesso istituto di previdenza, tramite il citato ufficio di Coordinamento statistico attuariale.

L’ultima volta che si ebbe la citata verifica attuariale risale – come accennato sopra – al periodo in cui alla presidenza dell’INPS c’era ancora Tito Boeri (cui poi subentrò Pasquale Tridico). Egli inviò ai contribuenti quelle che all’epoca presero il nome di “buste arancioni”, ovvero dei documenti che includevano le stime dei futuri trattamenti pensionistici.

Proprio nell’anno peggiore per la pandemia, il 2020, non c’è traccia della verifica statistico-attuariale, senza contare che tra un anno quel documento sarebbe stato in ogni caso già vecchio.

In base alla legge, infatti, nel 2023 andrebbe fatta una nuova verifica triennale, mentre proprio il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha in questi giorni affermato che nel prossimo triennio la spesa previdenziale crescerà ulteriormente di 50 miliardi di euro, causa indicizzazione dell’assegno.

Aspetti di certo non trascurabili, anche perché senza un resoconto organico e strutturato è impossibile fare il check-up allo stato di salute dell’INPS. D’altronde è solo con i freddi numeri che può capirsi qual è l’effettivo equilibrio delle casse INPS. Senza la verifica in oggetto sfuggono certamente elementi decisivi per valutare la sostenibilità o meno del nostro sistema pensionistico, nel corso del tempo ed alla luce delle novità degli ultimi anni e di quelle che verranno.

La questione aperta e collegata del reddito di cittadinanza

Lo ribadiamo: l’assenza di un resoconto del livello di salute delle casse INPS non permette di analizzarne in conti, alla luce della legislazione di settore. Pensiamo ad es. a istituti come Quota 100 o il reddito di cittadinanza, senza dimenticare gli effetti della pandemia: tutti fattori che inevitabilmente hanno riflessi sullo stato dei conti dell’INPS – ma senza verifica statistico-attuariale tastare il polso dell’istituto di previdenza è impossibile.

Se consideriamo proprio il reddito di cittadinanza, ad esempio è emerso finora che su 3,7 milioni di percettori di reddito di cittadinanza solo 254, nel 2020, avrebbero firmato un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Numeri molto preoccupanti in un sistema in cui lavoro e previdenza non possono che essere strettamente collegati. Se le pensioni sono pagate con i contributi previdenziali versati dai lavoratori, meno persone sono occupate e meno soldi ci sono per pagarle. Ecco perché oltre alla necessità di avere quanto prima un nuovo resoconto sullo stato dell’INPS, sarà necessario ripensare totalmente le politiche del lavoro e introdurre una riforma pensioni davvero intelligente e ben studiata.

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