Riconoscimento invalidità e caffè: incredibile come siano collegati e si può ottenere una percentuale più alta

Durante la visita per il riconoscimento dell’invalidità civile il caffè può rivestire una rilevanza particolare. Scopriamo per quale motivo.

La Commissione medico-legale incaricata di redigere il verbale con la percentuale di invalidità riconosciuta dovrà valutare la salute del disabile.

Invalidità e caffè, qual è la connessione
Riconoscimento dell’invalidità, quale ruolo riveste il caffè – Informazioneoggi.it

Il cittadino con invalidità a causa di una patologia o menomazione può chiedere il riconoscimento dell’invalidità civile. La procedura prevede che il medico curante inoltri all’INPS il certificato attestante la malattia e che l’interessato presenti domanda in prima persona all’ente della previdenza sociale. Questo indicherà al disabile il giorno e il luogo fissato per sottoporsi a visita medica.

Una commissione incaricata valuterà la documentazione sanitaria del richiedente l’invalidità civile e redigerà un verbale. Parliamo del documento in cui si riconosce o meno l’invalidità e – in caso di accertamento positivo – che riporta il grado di handicap riconosciuto. Tale percentuale è molto importante perché permette di comprendere quali agevolazioni richiedere e ottenere. Come rientra in tutto questo una tazza di caffè?

Invalidità e caffè, facciamo chiarezza sulla valutazione della Commissione

L’assegnazione del grado di invalidità viene determinata dai medici della Commissione INPS in modo arbitrario. Le tabelle ministeriali sono un aiuto ma non determinante. In molti casi può essere complicato arrivare a definire con precisione la percentuale.

Commissione medica e invalidità
Commissione medica e la domanda del caffè – Informazioneoggi.it

Succede, dunque, che i medici adottino dei metodi “alternativi” per giungere ad una conclusione. E qui entra in gioco il caffè. Parliamo della necessità di attestare lo stato di benessere fisico, mentale e sociale del richiedente il riconoscimento di invalidità civile. Può capitare che la Commissione chieda se l’interessato riesce o meno a preparare una tazzina di caffè.

Riuscire nella preparazione significa essere autosufficiente perché per preparare la bevanda occorre utilizzare gli arti superiori. Vi sembra un giudizio corretto? Potersi preparare il caffè significa necessariamente dover giudicare il richiedente con un grado di invalidità inferiore rispetto a quanto riportato dalla documentazione presentata?

Prendere la moka, svitarla, mettere il caffè, posizionarla sul fuoco, questi passaggi sono sufficienti a detta di alcuni operatori sanitari facenti parte della Commissione per disconoscere l’autosufficienza dell’invalido. Quando magari la persona si è impegnata e stancata per riuscire nell’impresa.

L’escamotage che molti medici usano lascia perplessi ma, purtroppo, non si tratta dell’unica domanda che genera titubanza e anche indignazione. Un semplice gesto della vita quotidiana non può e non deve essere determinante nella scelta della percentuale di invalidità da assegnare. O quantomeno dovrebbe essere rapportato ad una serie di altre indicazioni frutto di esami e controlli ai quali si è sottoposto il richiedente. Ricordiamo che la dignità umana deve essere al centro di qualsiasi questione, anche e soprattutto del riconoscimento dell’invalidità e del grado da associarvi.

Se il caffè ha determinato un grado di invalidità inferiore o addirittura il non riconoscimento dell’invalidità allora suggeriamo di presentare ricorso.

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