Pensione anticipata: entro quando va esercitata per non perdere i requisiti? Grazie alla cristallizzazione il diritto è salvo

Chi matura i requisiti per accedere agli strumenti di pensione anticipata ha la facoltà di sfruttarli anche successivamente. In che modo?

Le regole per usufruire della pensione anticipata sono in continua evoluzione e cambiano, in media, ogni anno. Molti contribuenti, dunque, si chiedono cosa succede nel caso in cui raggiungano tutti i presupposti per il pensionamento e improvvisamente intervenga una modifica legislativa proprio su tale misura.

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Si può cristallizzare il diritto alla pensione? InformazioneOggi.it

Chiariamo ai nostri Lettori che il diritto alla pensione non viene meno soltanto perché un determinato strumento è variato o cancellato. Per alcune forme di flessibilità in uscita, infatti, vige il cd. principio della cristallizzazione del diritto alla pensione. In cosa consiste? Analizziamo la disciplina e scopriamolo.

Cristallizzazione del diritto: quali incidenza ha sulla pensione anticipata?

La cristallizzazione del diritto è quell’istituto in base al quale, in seguito alla maturazione di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la fruizione dell’assegno pensionistico, il contribuente coinvolto mantiene il diritto a richiedere di andare in pensione anche per il futuro. Il diritto ad usufruire di alcune forme di pensionamento anticipato, in pratica, non scade.

Cristallizzare il diritto vuol dire, quindi, avere la possibilità di rimandare l’uscita dal mondo del lavoro, “congelando” il diritto maturato e rimandandolo, se si vuole, a periodi successivi.

È opportuno specificare che questa regola vale sia nel caso in cui la misura previdenziale sia ancora attiva sia nel caso in cui venga modificata, imponendo requisiti differenti, oppure abrogata.

Opzione Donna e cristallizzazione del diritto: si può ritardare il pensionamento?

Un esempio tipico di cristallizzazione del diritto nell’ambito della pensione anticipata è Opzione Donna. La misura è stata oggetto di un’importante riforma con la Legge di Bilancio 2023.

Fino al 2022, infatti, potevano smettere di lavorare a 59 anni le lavoratrici autonome o a 58 anni le dipendenti che avessero maturato, entro il 31 dicembre 2021, almeno 35 anni di contribuzione. Dal 2023, invece, l’età minima pensionabile è stata innalzata a 60 anni per tutte (sia dipendenti sia autonome) e bisogna aver raggiunto anche 35 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2022.

È stata, introdotta, tuttavia, la possibilità di andare in pensione con Opzione Donna a 59 anni per chi ha un figlio oppure a 58 anni per chi ha 2 o più figli.

Non tutte, però, potranno beneficiare dello strumento di flessibilità, perché è ora riservato solo alle seguenti categorie “fragili”:

  • caregivers, da almeno 6 mesi, di un familiare disabile grave;
  • invalide almeno al 74%;
  • licenziate o dipendenti di aziende in crisi (in questo caso, il requisito anagrafico è fissato a 58 anni per tutte, a prescindere dal numero di figli).

Abbiamo, tuttavia, accennato alla circostanza che Opzione Donna sia un perfetto esempio del meccanismo della cristallizzazione del diritto alla pensione. Le lavoratrici che hanno maturato 59 o 59 anni di età e i 35 anni di contribuzione entro il 2021, infatti, possono continuare a beneficiare di tali regole.

Le novità della Legge di Bilancio 2023, dunque, non valgono per chi possedeva tutti i presupposti e ha deciso di continuare a lavorare. Tali contribuenti potranno accedere al pensionamento tramite Opzione Donna anche successivamente, perché ormai il loro diritto è salvo.

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