L’INPS vuole i soldi indietro, è possibile dire “no”? La verità che non tutti conoscono

Cosa può fare il contribuente nel momento in cui l’INPS chiede soldi indietro per un errore dell’ente stesso? 

Non sono solo i cittadini a commettere errori. Può capitare che anche l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale sbagli a discapito del contribuente.

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L’INPS è l’ente che si occupa di erogare agevolazioni, contributi, indennità dietro richiesta del cittadino. Le domande sono passate al vaglio dagli operatori allo sportello o controllate dal sistema ma è possibile che eventuali omissioni ed errori non vengano rilevate subito. Allo stesso modo potrebbe essere accettata una domanda di Bonus o altro pur non soddisfacendo i requisiti. Quando in un secondo momento l’INPS effettuerà controlli più approfonditi rileverà la problematica e chiederà indietro i soldi al cittadino senza colpa. Come poteva immaginare il contribuente di non poter usufruire di una prestazione essendo stata concessa dall’ente stesso? Il denaro sarà stato speso nel frattempo, come restituire le somme all’INPS? Il problema, purtroppo è più frequente di quanto si possa pensare e toglie il sonno a tante famiglie. Un conto, infatti, è che si tratti di poche centinaia di euro ma quando gli importi da dare indietro sono onerosi e la liquidità manca cosa fare?

L’INPS chiede la restituzione dei soldi versati, come agire?

Per dare una risposta al quesito occorre ricorrere ad una recente sentenza della Corte Costituzionale che scioglie vari dubbi. La pronuncia, nello specifico, è applicabile ad ogni soggetto pubblico che eroga somme ai cittadini per poi chiederne la restituzione.

Tutto inizia dalle verifiche che l’INPS può effettuare anche dopo parecchio tempo dall’accoglimento dell’istanza del contribuente. Dai controlli potrebbero scaturire incongruenze, errori, omissioni tali da far dichiarare l’illegittimità del precedente provvedimento. Ciò significherebbe interrompere le erogazioni della prestazione e chiedere la restituzione delle somme ottenute illegittimamente. Non solo, l’importo sarà maggiorato degli interessi. Un paradosso nel caso in cui a sbagliare sia stato anche l’ente stesso ma l’articolo 2033 del Codice Civile prevede la ripartizione dell’indebito. Parliamo del diritto di colui che ha eseguito il pagamento non dovuto di ottenere indietro l’importo versato.

E se il cittadino risultasse in buona fede? Qui interviene la sentenza della Corte Costituzionale stabilendo limite e garanzie per i contribuenti.

Ecco cosa sapere per tutelare i propri soldi

Il cittadino riceve l’indennità, il Bonus, la prestazione previdenziale e spende i soldi per pagare le bollette, l’affitto, la spesa alimentare. Nel caso in cui l’INPS dovesse richiedere i soldi indietro si troverebbe, dunque, senza liquidità da restituire. Il primo passo dovrebbe essere quello di capire il motivo della richiesta. Un errore? Un’omissione? In quale documento o istanza?

Rimane fondamentale, dunque, capire se lo sbaglio è stato commesso al momento della presentazione della domanda oppure se ci sono state variazioni nelle condizioni di accesso alla misura che hanno portato all’errore. Ricordiamo, infatti, che ogni prestazione presuppone la soddisfazione di specifici requisiti (anagrafici, reddituali, sanitari…) e che in caso di variazioni nel tempo è obbligo del contribuente comunicare immediatamente all’INPS i cambiamenti.

Basterà contattare l’INPS per capire di che errore si tratta. È consigliabile chiedere un appuntamento presso una sede di competenza territoriale in modo tale da consegnare la documentazione in possesso e la copia dell’istanza. Qualora la richiesta dei soldi indietro risultasse legata a qualche documento mancante si potrebbe subito ovviare alla problematica. In altri casi si potrebbero seguire strade diverse.

Soluzioni alla richiesta dei soldi da parte dell’INPS

Il contribuente che ritiene di aver diritto al pagamento può presentare ricorso amministrativo entro 90 giorni contro la decisione presa dall’Ente chiedendo una revisione del provvedimento di revoca. È possibile farsi affiancare da un avvocato per capire quali opzioni legali seguire. Nel caso in cui il ricordo non dovesse essere accolto si potrebbe ricorrere al Tribunale ordinario.

In caso di accertamento dell’errore è bene far comprendere all’INPS la propria buona fede e comunicare che non si ha la liquidità necessaria per restituire i soldi. Presentando la dichiarazione dei redditi o la documentazione provante lo stato di indigenza si potrà attestare l’impossibilità di restituzione delle cifre.

Rimane fondamentale escludere il dolo che potrebbe far incorrere in un’incriminazione penale (reato di indebita percezione di sussisti statali oppure truffa ai danni dell’INPS). Ricordiamo, poi, che la prescrizione per l’indebito pagamento è di dieci anni.

Le tutele per i contribuenti

La richiesta di restituzione dei soldi deve tener conto di alcune tutele per i cittadini. Non è ammessa un’interferenza sproporzionata nei beni, occorre bilanciare gli interessi tra l’esigenza di chi ha erogato le somme e la tutela di chi le ha ottenute in buona fede e si deve concedere la rateizzazione della somma richiesta indietro tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del contribuente.

Inoltre occorre considerare l’inesigibilità temporanea o parziale dei soldi qualora sussistano specifiche condizioni personali del debitore. E se la “colpa” dell’indebita erogazione di una prestazione è riconducibile ad un ente specifico allora è facoltà del cittadino chiedere il risarcimento del danno potendone dimostrare la responsabilità.

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