In pensione con 18 anni di contributi: cosa fare quando manca l’ultimo gradino per lasciare il lavoro

Andare in pensione con 18 anni di contributi senza attendere la maturazione dei requisiti della pensione di vecchiaia. Come è possibile?

Alcuni lavoratori hanno la possibilità di lasciare il lavoro con soli diciotto anni di contributi. Scopriamo a quali condizioni.

pensione 18 anni
InformazioneOggi.it

Un lettore ci ha posto un quesito “Sono un invalido civile al 100% dal 2016. Vorrei sapere se posso ricevere la pensione lavorativa avendo solo diciotto anni di contributi”. Questa domanda permette di ricollegarci ad un tema più ampio, quello della pensione contributiva volta a “salvare” molti lavoratori dal dover lavorare fino a 71 anni o dal dover rinunciare al trattamento pensionistico. La prima condizione necessaria è avere una differenza di contribuzione di pochi anni rispetto al requisito minimo di venti anni. Con 18 o 19 anni di contributi, dunque, è possibile lasciare il lavoro e ottenere la rendita mensile. Parliamo di uno scivolo differente rispetto alle forme di pensionamento anticipato più note. Opzione Donna, l’APE sociale, la pensione anticipata ordinaria, Quota 103, la pensione per precoci sono tutte possibilità che richiedono l’accumulo di tanti anni di contribuzione. Dai 30 ai 42 anni e dieci mesi.

Una richiesta spesso impossibile da soddisfare specialmente per chi ha iniziato a lavorare tardi oppure per una persona diventata invalida al 100%.

Come andare in pensione con 18 anni di contributi

Diciotto anni possono valere come venti anche se, alla fine del conteggio dell’importo dell’assegno, conteranno solamente i 18 anni (ma questo lo vedremo successivamente). L’importante per il lettore che ci ha posto il quesito è sapere che la possibilità di ottenere un trattamento pensionistico con pochi anni di contribuzione è possibile. Una prima soluzione da considerare è la pensione contributiva.

La prima informazione da conoscere è che ci sono alcuni periodi di lavoro o assenza dal lavoro che valgono di più ai fini del calcolo dei contributi maturati che danno diritto alla pensione. Un esempio è la maggiorazione contributiva per i precoci (Legge 335/1995, articolo 1). Non parliamo della nota pensione per precoci che consente il pensionamento a chi appartiene ad una delle quattro categorie dell’APE Sociale (caregiver, invalidi almeno al 74%, disoccupati e addetti alle mansioni gravose) e ha maturato 41 anni di contributi di cui almeno uno prima dei diciannove anni.

La maggiorazione contributiva si rivolge a chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni e permette di far valere ogni periodo di versamento maturato prima della maggiore età 1,5 volte. Il caso in questione coinvolge un numero esiguo di persone e difficilmente potrà risolvere i problemi della persona che ha posto il quesito. Fortunatamente esistono altre possibilità.

Le tre deroghe della Legge Amato

Le tre deroghe della Legge Amato permetto il pensionamento con 15 anni di contributi ma solo a determinate condizioni. La prima deroga prevede che i 15 anni di contribuzione siano stati maturati entro la fine del 1992. La seconda consente la richiesta del trattamento a 67 anni di età con 15 minimi di contributi solamente se il richiedente ha ottenuto l’autorizzazione al versamento dei contributi volontari prima il 1° gennaio 1993.

La terza deroga, invece, richiede la soddisfazione del requisito reddituale di 67 anni con il rispetto di almeno una di tre condizioni. Bisognerà avere

  • almeno 25 anni di contributi versati di cui il primo versato almeno 15 anni prima della domanda di pensionamento,
  • minimo 15 anni di contributi versati,
  • almeno 10 anni di contribuzione maturata senza raggiungere il limite massimo delle 52 settimane.

Pensione di vecchiaia contributiva

Diciotto anni di contributi saranno sufficienti raggiungendo i requisiti della pensione di vecchiaia contributiva ossia i 71 anni di età. In questo caso sono sufficienti addirittura 5 anni di contributi maturati a partire dal 1996 oppure tramite computo nella Gestione Separata. Condizione necessaria, dunque, è non aver maturato alcun contributo prima del 1° gennaio 1996 in modo tale da rientrare nel sistema contributivo. Ma quanto si andrà a percepire di pensione?

Il nostro esempio fa riferimento ad un cittadino che compie 71 anni e ha maturato diciotto anni di contribuzione nel sistema di calcolo puramente contributivo esattamente come vuole la Legge.

Per ipotizzare un’importo del trattamento occorre partire da una presunta retribuzione lorda come 28 mila euro annui. Da qui occorre calcolare il montante contributivo sapendo che per ogni anno di lavoro il dipendente accumula il 33% della retribuzione (gli autonomi il 20%). Si avrà come risultato 9.240 euro (33% di 28 mila) che dovrà essere moltiplicato per gli anni di contribuzione ossia 18 ottenendo, così, 166.320 euro.

Su questa cifra occorrerà applicare il coefficiente di trasformazione che dipende dall’età di pensionamento. A 71 anni sarà del 6,466%. Si otterrà, quindi, il risultato di 10.754 euro. Questo l’importo annuo lordo della pensione. Al mese saranno circa 700 euro netti. Con l’aumentare della retribuzione lorda iniziale la cifra finale aumenterà – per esempio con 30 mila euro si otterranno mensilmente 750 euro netti – mentre diminuendo calerà anche l’importo – per esempio con 25 mila euro si avranno 600 euro netti al mese. Tutti gli importi sono indicativi, naturalmente, ma sul portale dell’INPS sarà possibile simulare il calcolo per una stima più accurata.

Conclusioni

In pensione con diciotto anni di contributi, la possibilità è reale ma con tanti paletti da considerare. Il fatto che la persona sia invalida non basta per consentire il pensionamento anticipato con meno di venti anni di contributi. La pensione di vecchiaia anticipata rivolta agli invalidi dall’80% richiede, infatti, il requisito contributivo di 20 anni da rispettare oltre ai requisiti sanitari. Da diciotto si può pensare alla possibilità di riscatto degli anni di laura (a condizione che si sia seguito il percorso universitario) per arrivare a venti ma la spesa è onerosa. In alternativa esiste il riscatto dei periodi di vuoto contributivo per un numero massimo di cinque anni.

Condizione necessaria è che questi anni di vuoto siano sopraggiunti tra la data del primo contributo versato e l’ultimo contributo maturato. Non è possibile, dunque, riscattare periodi antecedenti l’inizio della carriera contributiva a meno che non ricadano nell’anno di inizio della carriera contributiva o in quello conclusivo.

I periodi di vuoto dovranno essere totali, privi di contribuzione figurativa – per esempio – o di versamenti in casse previdenziali diverse da quella prevista per la liquidazione della pensione. Da sapere, poi, che il riscatto non dovrà essere necessariamente di 5 anni. Il nostro lettore, per esempio, potrebbe soddisfacendo i requisiti richiedere solo i due anni mancanti per il raggiungimento dei venti necessari per il raggiungimento della pensione di vecchiaia anticipata. Anche in questo caso, però, ci saranno dei costi da sostenere per riscattare i periodi di vuoto. Verranno conteggiati con aliquota percentuale sugli importi delle retribuzioni degli ultimi dodici mesi di lavoro.

APE Sociale e pensione per precoci, infine, richiedono addirittura molti anni in più contributi e sono da escludere anche se come invalidi si rientrerebbe tra i destinatari.

Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.

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