Pensioni più alte nel 2023-2024 causa effetti della pandemia: la verità che non tutti sanno

Per chi accederà alla pensione nel biennio 2023-2024, la pensione sarà leggermente più elevata rispetto a quella incassata da parte di chi accede al trattamento quest’anno. Il perché è collegato al meccanismo dei coefficienti di trasformazione pensioni e alla pandemia.

In quest’ultimo periodo le istituzioni si interrogano sul futuro da dare al mondo della previdenza in Italia, e il dibattito non può mancare anche in un periodo in cui la priorità è data dall’approvazione del testo della legge di Bilancio nei tempi brevi, onde evitare di superare la data limite del 31 e cadere nell’esercizio provvisorio.

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Al contempo i cittadini vicini ormai all’età della pensione si domandano con sempre maggiore insistenza se vi sono soluzioni agevolative, che permettono di uscire dal mondo del lavoro un po’ prima – e magari senza attendere la maturazione dei requisiti della legge Fornero. Ci riferiamo ovviamente alla pensione di vecchiaia a 67 anni e con almeno 20 anni di contributi e alla pensione anticipata al di là dell’età, ma con almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne. Ebbene, a ciò si sono aggiunte le agevolazioni legate all’introduzione di Quota 103, che sostituisce Quota 102, e le conferme per Opzione donna e Ape sociale. Senza dimenticare la pensione anticipata contributiva, che però prevede requisiti non così elastici.

Sul fronte dei trattamenti previdenziali, la buona notizia a fine anno però è comunque arrivata. Infatti, sono attese pensioni più alte nel prossimo biennio a causa di una speranza di vita in frenata per gli effetti del coronavirus sulla popolazione. Approfondiamo di seguito questi temi, che sicuramente interesseranno tutti coloro che andranno in pensione il prossimo biennio. I dettagli.

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Pensioni più alte nel 2023-2024: per chi? Il rilievo dei coefficienti di trasformazione

Il fatto che le pensioni nel prossimo biennio saranno più elevate è legato al meccanismo dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. Infatti quelli che saranno applicati nel 2023-24 avranno un impatto più favorevole su chi va in pensione, rispetto a quelli del 2021-22.

Ricordiamo che i coefficienti di trasformazione costituiscono valori, usati nel sistema contributivo, che di fatto traducono in pensione annua il montante contributivo messo da parte via via dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa. Detti coefficienti rappresentano parametri variabili in base all’età anagrafica cui il lavoratore ottiene la prestazione pensionistica. Possiamo dire che, in linea generale, essi risultano tanto più alti – e dunque favorevoli al lavoratore – quanto maggiore è la sua età. D’altronde il principio alla base del sistema contributivo è che più in là si andrà in pensione, più elevato sarà l’ammontare del trattamento che potrà essere conseguito. E questo per il semplice fatto che minore sarà la durata della vita (potenziale) del pensionato stesso.

Abbiamo detto poco sopra che i coefficienti saranno più favorevoli nei prossimi due anni e ciò vuol dire che, a parità di contributi accumulati, chi andrà in pensione nel 2023 o nel 2024 potrà contare su un assegno mensile un poco più alto di chi vi accede entro il 2021.

Coefficienti di trasformazione e andamento della vita media

Per capire come potranno cambiare le quote delle pensioni nei prossimi anni, dobbiamo precisare che i suddetti coefficienti sono utili a fissare la quota contributiva della pensione la quale, in linea generale, attiene:

  • agli anni dal 2012 in poi per chi può contare su almeno 18 anni di contributi versati al 1995,
  • mentre per i lavoratori che hanno cominciato a versare i contributi dal 1996 o avevano meno 18 anni di contributi al 1995 la quota contributiva parte dal 1996.

Ebbene, i valori dei citati coefficienti dal 2019 sono aggiornati ogni biennio in rapporto, in primis, alla variazione della speranza di vita dei cittadini di 65 anni. Il punto è proprio questo: siccome fino ad alcuni anni fa la vita media si è sempre allungata, i coefficienti erano periodicamente aggiornati secondo un valore sempre decrescente, così da assicurare un bilanciamento tra montante contributivo accumulato nel corso del tempo dal lavoratore e vita restante stimata (in aumento).

Pertanto, non vi sono dubbi: è per questa via che il sistema di calcolo contributivo della pensione mira ad una sorta di equilibrio tra montante a disposizione e pensione goduta. Ciò porta alla conseguenza per cui, a parità di montante contributivo, se si vive più a lungo l’assegno mensile sarà di importo inferiore. Ciò ovviamente serve anche a contribuire alla tenuta del sistema pensionistico nel suo complesso.

Novità con il decreto interministeriale Lavoro-Economia dello scorso primo dicembre

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dalla pandemia, che tutti conosciamo, e questo spiacevole evento ha avuto riflessi anche dal lato previdenziale. Infatti i coefficienti del 2023-24, così come ufficializzati dal decreto interministeriale Lavoro-Economia del 1° dicembre 2022, saranno più favorevoli di quelli del 2020-21.

Questo perché il ministero del Lavoro ha confermato che l’incremento dei valori dei coefficienti è da collegarsi all’incremento della mortalità e, conseguentemente, alla riduzione della speranza di vita. Si tratta di dati Istat, che confermano il rilievo del Covid sul tasso di mortalità nel paese.

Concludendo, ecco spiegato il perché delle pensioni un po’ più alte per chi accederà al trattamento nei prossimi anni: si tratta di un aumento di alcuni euro, è vero, ma pur sempre di un ritocco con il segno più.

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