L’invalidità è compatibile con l’inserimento lavorativo? Svelato il mistero

Il riconoscimento dell’invalidità totale ha delle ripercussioni sulla possibilità di un’eventuale inserimento lavorativo?

Molti disabili continuano ad avere dubbi per quanto riguarda la compatibilità dell’invalidità totale con l’inserimento lavorativo.

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L’equivoco nasce, purtroppo, dalla modalità ingannevole con la quale avviene la concessione dell’invalidità civile. In passato, infatti, al momento del riconoscimento dell’invalidità civile vi era anche la valutazione della capacità lavorativa del disabile. Il verbale rilasciato, dunque, attestava le limitate possibilità lavorative dell’interessato e recava la dicitura “totale e permanente inabilità lavorativa”.

Specifichiamo, tuttavia, che il riconoscimento dell’invalidità totale e del diritto all’indennità di accompagnamento (nel caso di impossibilità a deambulare autonomamente) non esclude l’inserimento lavorativo. Vediamo, quindi, cosa stabilisce l’attuale normativa di riferimento.

Non perdere il seguente approfondimento: “Agevolazioni per persone con disabilità: liste di collocamento mirato e regole per i concorsi pubblici“.

Invalidità e inserimento lavorativo: da cosa nascono le problematiche?

Secondo la disciplina normativa attuale, senza il riconoscimento dell’invalidità civile non è possibile fruire delle agevolazioni di natura economica e non economica. L’accesso al mondo del lavoro, invece, è disciplinato dalla Legge n. 68/99 e il collocamento dei disabili dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2000: “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili a norma dell’articolo 1 comma 4 della legge 12 marzo 1999 n. 68“.

In realtà già prima della Legge n. 68/99 era stata esaminata la problematica dell’inserimento lavorativo dei soggetti invalidi totali e di coloro che percepivano l’indennità di accompagnamento. La Circolare del Ministero Lavoro n. 5/88,infatti, prevedeva che “anche i minorati ad altissima percentuale di invalidità, possono svolgere, sia pure eccezionalmente, determinate attività lavorative e quindi essere dichiarati collocabili”.

Tale Circolare, inoltre, stabiliva che:

  • le tabelle utilizzate per l’attribuzione della percentuale di invalidità servivano non solo a verificare la capacità lavorativa residuale ma anche, e soprattutto, a stabilire il diritto all’erogazione di pensioni, assegni e rendite di carattere assistenziale e previdenziale (ad esempio, assegni e pensioni agli invalidi civili e rendite per infortuni sul lavoro);
  • non si poteva escludere in maniera assoluta che, anche nel caso di documentazione sanitaria attestante l’invalidità al 100%, il disabile non avesse delle residue capacità lavorative;
  • se gli invalidi al 100% presentavano domanda per l’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio, gli uffici stessi dovevano interpellare l’organo sanitario competente, per accertare l’eventuale presenza di capacità lavorative residue. Tale verifica, dunque, era obbligatoria per l’iscrizione degli appositi elenchi, da parte degli uffici Provinciali del Lavoro.

Successivamente, la Legge n. 508/88, all’art. 1, comma 3, si è occupata della questione, sancendo che  l’indennità di accompagnamento è assolutamente compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa.

L’evoluzione della legislazione: il collocamento mirato

Attualmente, la disciplina di riferimento è quella contenuta della Legge 68/99. In particolare, la normativa regola il collocamento mirato. Esso consente, grazie all’opera svolta dai servizi per l’inserimento lavorativo, l’effettivo incontro tra capacità lavorative del disabile e le esigenze delle imprese.

Ma che cos’è il collocamento mirato dei disabili? Si tratta dell’insieme di strumenti tecnici e di supporto che consentono di esaminare attentamente i soggetti disabili e le loro capacità lavorative. L’obiettivo è quello di favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro, trovando la mansione più adatta alla propria posizione. Ciò è possibile tramite analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno, risoluzione delle problematiche legate agli ambienti e le relazioni interpersonali sui luoghi di lavoro.

Per tutte le informazioni sul collocamento mirato, consulta: “Liste di collocamento mirato per disabili, quello che c’è da sapere“.

Il D.P.C.M. 13 gennaio 2000Atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili, a norma dell’art. 1, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68“, invece, disciplina l’attività delle Commissioni ASL, chiamate ad accertare lo status di invalidità per l’inserimento nel collocamento delle persone disabili. Il compito principale delle Commissioni medico- legali ASL è quello di capire quali sono le capacità totali e potenziali dei soggetti esaminati, per consentire il loro inserimento mirato e la ricerca dell’impiego più consono.

A partire dall’entrata in vigore della Legge 68/99, le Commissioni ASL non sono più autorizzate a valutare le capacità lavorative del disabile, ai fini della loro collocabilità o non collocabilità. La valutazione delle capacità lavorative, infatti, adesso è consentita solo tramite le modalità definite dall’art. 1, comma 4, della Legge 68/99. Nello specifico, essa va eseguita dalle Commissioni per l’accertamento dell’invalidità, integrate da un operatore sociale e un esperto, ai sensi dall’art. 4 della Legge 104/92.

Il collocamento mirato nelle ipotesi di invalidità psichica

Una normativa a parte regola il collocamento al lavoro dei disabili psichici. L’art. 5 della Legge 2 aprile 1968, n. 482, infatti, non ricomprendeva anche gli invalidi psichici tra i destinatari della legge sul collocamento obbligatorio.

Per tale motivo, è intervenuta la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 50 del 2 febbraio 1990, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma. L’art. 19 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, dunque, ha successivamente esteso l’applicazione della disciplina anche ai soggetti colpiti da minorazione psichica, che possiedono qualità lavorative che ne consentono l’impiego in attività compatibili.

Anche l’art. 9, comma 4, della Legge 68/99 si riferisce ai disabili psichici, dichiarando che “i disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all’articolo 11. I datori di lavoro che effettuano le assunzioni ai sensi del presente comma hanno diritto alle agevolazioni di cui all’articolo 13“.

Inoltre, anche per coloro che dal verbale risultano “non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”, le Commissioni ASL devono accertare le residue capacità, le abilità, le inclinazioni e le attitudini lavorative.

In conclusione, agli invalidi totali (con percentuale di invalidità del 100%) deve essere riconosciuto il diritto all’inserimento nelle liste speciali per l’accesso al lavoro e ai percorsi di inserimento mirato. L’incapacità a svolgere le normali attività della vita quotidiana o di deambulare autonomamente, dunque, non possono, in nessun modo, essere un ostacolo a priori. La valutazione va effettuata caso per caso.

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