Pensione a 63 anni: cosa succede se si presenta la certificazione ma poi si cambia idea? Incredibile la risposta

Molti contribuenti presentano la certificazione del diritto all’Ape Sociale ma, dopo, scelgono di non presentare la domanda vera e propria.  

Chi possiede i requisiti per accedere all’Ape Sociale, spesso ottiene la certificazione del diritto alla prestazione ma decide di continuare a lavorare.

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Cosa succede in questi casi? Il richiedente è costretto a presentare un’ulteriore domanda per andare in pensione? Chiariamo subito che è necessaria una nuova richiesta per ottenere il riconoscimento della prestazione. L’interessato, infatti, nel frattempo, potrebbe aver perso i requisiti richiesti dalla legge. Se, ad esempio, aveva chiesto l’Ape Sociale in quanto caregiver, è obbligatoria la verifica da parte dell’INPS che tale qualità persista.

Ma procediamo con ordine e analizziamo attentamente la normativa.

Per ulteriori informazioni sulla misura, consulta il seguente articolo: “Ape Sociale: il metodo corretto per inviare domanda ed evitare che venga respinta“.

Ape Sociale: quando bisogna presentare nuova domanda

Uno dei presupposti per la concessione dell’Ape Sociale ai caregivers è la sussistenza di tale qualità al momento della richiesta e da almeno 6 mesi. Per questo motivo, la domanda va ripresentata, per accertare che l’interessato presti ancora assistenza al familiare convivente affetto da disabilità.

Il discorso, invece, è differente per altre categorie di beneficiari, come i disoccupati. In tal caso, infatti, il requisito, una volta raggiunto, non si perde. Tuttavia, c’è sempre bisogno di presentare una nuova richiesta. La ragione, però, riguarda la disponibilità delle risorse; poiché, infatti, l’Ape Sociale è una misura solo temporanea è realizzata sulla base delle richieste e dei fondi disponibili.

In altre parole, se si possiedono tutti i requisiti e si presenta la domanda di accesso, ma non si esercita il diritto, bisogna rifare la procedura. Un vantaggio è che l’INPS non ha discrezionalità al riguardo; tutte le richieste di accesso valide, dunque, sono accolte.

Ape Sociale: chi ne ha diritto?

L’Ape Sociale è uno strumento introdotto con la Legge di Bilancio 2017, con lo scopo di consentire di smettere di lavorare ad alcune categorie di individui in possesso di specifici requisiti.

Consulta anche il seguente articolo: “Pensione con APE Sociale, quali contributi consentono di uscire in anticipo dal mondo del lavoro“.

L’indennità spetta a coloro che, al momento dell’inoltro della domanda:

  • hanno almeno 63 anni di età;
  • possiedono 30 o 36 anni di contribuzione. Per le donne, invece, la legge stabilisce una riduzione contributiva di 12 mesi per ogni figlio, fino ad un massimo di 2 anni;
  • non sono titolari di pensione diretta in Italia o all’Estero;
  • hanno cessato l’attività lavorativa sia da dipendente sia da autonomo o parasubordinato;
  • sono iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle sue forme sostitutive, alle Gestioni speciali o alla Gestione Separata.

Oltre ai presupposti appena elencati, è obbligatorio che il beneficiario appartenga ad una delle seguenti categorie:

  • disoccupati per licenziamento (anche collettivo), per dimissioni per giusta causa o per risoluzione consensuale. Non bisogna, poi, ricevere l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi;
  • caregivers che prestano assistenza, da almeno 6 mesi, al coniuge o a un parente o affine entro il 2° grado affetto da handicap grave;
  • individui a cui è stata riconosciuta un’invalidità civile di almeno il 74%;
  • lavoratori addetti a mansioni gravose, da almeno 6 anni negli ultimi 7 oppure da almeno 7 negli ultimi 10.

A quanto ammonta la prestazione e quanto dura

L’erogazione dell’Ape Sociale spetta fino a quando il percettore non compie l’età per accedere alla pensione di vecchiaia (cioè 67 anni) o ad un altro trattamento di pensionamento anticipato. Al raggiungimento di tale condizione, il lavoratore dovrà inoltrare regolare domanda di pensione.

L’importo dell’Ape Sociale è uguale alla cifra dell’assegno pensionistico a cui si avrebbe diritto nel momento di presentazione della domanda, entro la soglia massima di 1.500 euro al mese. Tale indennità, inoltre, è cumulabile con i redditi da lavoro percepiti dopo la sua decorrenza, entro il limite 8 mila euro lordi all’anno, per lavoro dipendente o co.co.co., e di 4.800 euro lordi, per lavoro autonomo.

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