Accompagnamento con legge 104: attenzione, in questi casi si rischia la revoca, ma ci si può difendere

È fondamentale sapere cosa fare se l’INPS respinge la domanda di accompagnamento del disabile. La soluzione, infatti, anche se costosa, c’è.

Molte volte, purtroppo, l’INPS rigetta la richiesta di accompagnamento, presentata da una persona affetta da invalidità.

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Il sostegno economico, infatti, viene respinto anche per i soggetti che presentano tutti i presupposti sanitari richiesti dalla disciplina. Questo avviene perché la Commissione medica deve essere sicura che non ci sia il minimo dubbio sul diritto alla prestazione.

I richiedenti, tuttavia, hanno a disposizione dei mezzi processuali per far valere le proprie ragioni ed opporsi al rigetto. Cosa possono fare, quali sono i tempi ed i costi? Analizziamo la normativa e scopriamolo.

Per tutte le informazioni relative alla misura, consulta il seguente articolo: “Indennità di accompagnamento: l’importo reale dell’assegno e come fare per riceverlo“.

Accompagnamento: come si ottiene?

L’indennità di accompagnamento è un sostegno economico, del valore di 525,15 euro (per il 2022), erogato per 12 mensilità (non spetta, dunque, la tredicesima). La concessione di tale misura si basa sul possesso dei soli requisiti sanitari; non è previsto, dunque, alcun presupposto reddituale.

La prestazione, però, viene sospesa nel caso in cui il beneficiario sia ricoverato per un periodo superiore a 29 giorni, presso una struttura a carico dello Stato. I percettori di indennità di accompagnamento, inoltre, possono continuare a svolgere una eventuale attività lavorativa, sia come dipendenti, sia come autonomi.

Il processo per l’ottenimento dell’indennità di accompagnamento è lo stesso di quello previsto per il riconoscimento dell’invalidità o dell’handicap. Dunque, è composto dalle seguenti fasi:

  • redazione del certificato medico introduttivo, da parte del proprio medico di base;
  • invio della domanda;
  • visita medica;
  • verbale che accorda o nega la concessione del sussidio economico.

Rigetto della domanda: quando è possibile fare ricorso in tribunale

Cosa può fare l’interessato, nel caso in cui l’INPS neghi la concessione dell’indennità di accompagnamento? In questi casi, la soluzione migliore e più veloce sarebbe quella di presentare ricorso in tribunale, entro 6 mesi dalla notifica del verbale da parte dell’Istituto di previdenza.

Il ricorso va presentato presso il Tribunale competente sul territorio, in base al luogo in cui si risiede (coincide sempre con la sede territoriale dell’INPS).

Successivamente alla presentazione dell’istanza, bisogna richiedere al giudice di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Il consulente ha il compito di sottoporre il richiedente ad una visita medico- legale, finalizzata ad accertare se ci sono o meno i requisiti sanitari per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

Tale operazione prende il nome di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP). Si tratta di un passaggio molto importante per la successiva decisione del giudice; in assenza, infatti, il giudice non sarebbe capace di effettuare una valutazione autonoma sul caso.

Accompagnamento: che cos’è la sentenza di omologa?

Qualora il CTU ritenga che si siano i presupposti per l’indennità di accompagnamento e l’INPS o il ricorrente non si oppongono, il giudice omologa il risultato in cancelleria, entro 30 giorni.

Se, al contrario, il CTU ritiene che non sussistono i requisiti sanitari stabiliti dalla legge, il ricorrente ha 30 giorni per presentare l’opposizione.

Con la presentazione dell’opposizione comincia il giudizio di merito. Il giudice, dunque, ha l’onere di predisporre una nuova consulenza tecnica d’ufficio o richiedere l’integrazione di quella precedente. Nel caso in cui dovesse esserci un ulteriore giudizio negativo, allora l’unica opzione a disposizione dell’interessato è la ripresentazione della domanda. Di solito, questo avviene se, nel frattempo, le condizioni mediche dell’invalido sono peggiorate.

I costi del ricorso

La presentazione del ricorso avverso una decisione dell’INPS ha, ovviamente, dei costi. Principalmente, essi dipendono dalla parcella dell’avvocato.

Gli individui che hanno un reddito basso (cioè, fino a 11.746,68 euro) hanno il diritto di usufruire del gratuito patrocinio. Coloro che, invece, possiedono un reddito non superiore a 23.493,36 euro, non dovranno pagare le spese, nel caso di sconfitta. Infine, chi ha redditi non superiori ai 35.240,04 euro ha diritto a non pagare il contributo unificato iniziale, per l’introduzione della causa. Si tratta, comunque, di un contributo del valore di 43 euro.

Tali valori si riferiscono all’anno in corso, ma vengono continuamente aggiornati.

Non perdere il seguente approfondimento: “Bonus 150 euro: spetta anche sull’accompagnamento? Facciamo chiarezza“.

Indennità di accompagnamento: a chi spetta?

Quali sono i presupposti per la concessione dell’indennità di accompagnamento? Nello specifico:

  • riconoscimento (da parte della Commissione ASL) dell’inabilità totale e permanente al 100%;
  • accertamento dell’incapacità di deambulare in autonomia, senza l’aiuto costante di un accompagnatore;
  • riconoscimento dell’impossibilità a compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana, senza un’assistenza continuativa;
  • residenza stabile e abituale in Italia;
  • cittadinanza italiana. Per i cittadini stranieri comunitari è richiesta l’iscrizione all’anagrafe del Comune di residenza, mentre, per i cittadini stranieri extracomunitari, il permesso di soggiorno di almeno un anno (ai sensi dell’art. 41 TU Immigrazione) e la residenza stabile e abituale sul territorio italiano.

L’indennità di accompagnamento, però non è compatibile con tutte le prestazioni. È incompatibile, ad esempio, con quelle legate all’invalidità causata da guerra, lavoro o servizio. L’interessato, tuttavia, ha la possibilità di scegliere di ricevere il trattamento più favorevole.

Allo stesso tempo, l’accompagnamento è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa, sia dipendente sia autonoma. Il beneficiario, inoltre, può essere titolare di una patente speciale.

La misura, infine, è compatibile e cumulabile con l’indennità di comunicazione e l’indennità di accompagnamento per cieco assoluto. È necessario, però, che le due prestazioni siano state riconosciute per delle menomazioni differenti, ciascuna delle quali deve riguardare diversi stati di invalidità (si deve trattare, dunque, di pluriminorati).

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