Cosa succede se la Riforma Fornero sarà bloccata? La verità sulle scelte del Governo

Il presunto addio alla Riforma Fornero apre interrogativi sul futuro delle pensioni tra soluzioni ideali per i lavoratori e le intenzioni del Governo. 

Sta arrivando (forse) il momento che gli italiani aspettano da anni, il superamento della Riforma Fornero. Motivo di sollievo oppure paura che le cose possano peggiorare? I lavoratori hanno sempre chiesto misure strutturali, flessibili e convenienti ma la situazione in cui versa l’Italia rende difficile accontentare le richieste.

Punti interrogativi
Cosa succede se la Riforma Fornero sarà bloccata? La verità sulle scelte del Governo (Informazioneoggi.it)

Desiderare un cambiamento ma nel frattempo averne timore è normale. Soprattutto quando si è consapevoli che per la soddisfazione delle proprie esigenze c’è un margine molto ridotto di azione. In Italia ciò che mancano sono le risorse. Per alzare le pensioni minime a mille euro non ci sono le risorse, idem per lo stipendio minimo e lo stesso vale per le misure di pensionamento anticipato flessibili che non comportino grandi penalizzazioni sull’assegno.

Gli italiani vorrebbero poter andare in pensione prima mantenendo un importo dignitoso ma le rigide regole della Legge Fornero e il sistema di calcolo contributivo sono un problema. Sono anni che si parla di Riforma delle Pensioni ma fatica ad arrivare. Perché? Mancano le risorse.

Il futuro delle pensioni dopo la Legge Fornero

La pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi. Poteva andare bene anni fa ma i lavoratori di oggi e soprattutto i giovani di oggi tra precariato e difficoltà a trovare lavoro come potranno mai raggiungere un limite simile? Certo con la pensione di vecchiaia bastano solo 20 anni ma un numero così basso di contribuzione porterà ad un assegno basso e insufficiente per una buona qualità della vita.

Quaderno e calcolatrice
Il futuro delle pensioni dopo la Legge Fornero (Informazioneoggi.it)

Nelle idee del Governo per il 2026 c’è Quota 41 flessibile. In pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi – esattamente come Quota 103 – ma con meno penalizzazioni ossia il 2% per ogni anno di anticipo rispetto i 67%. Significa una penalizzazione massima del 10% ma applicabile solamente ai lavoratori con ISEE oltre i 35 mila euro.

Altra possibilità di pensionamento nei piani del Governo è Quota 89. Minimo 64 anni di età più 25 anni di contributi e con un assegno pari almeno a 3 volte l’assegno sociale (come la pensione anticipata contributiva di oggi). Vediamo due requisiti contributivi molto differenti. Raggiungere 41 anni come detto è complicato, più semplice 25 anni ma in questo caso sarebbe difficile raggiungere una pensione di 1.600 euro al mese con così pochi contributi. Insomma, entrambe le soluzioni non riuscirebbero a coinvolgere la maggior parte dei lavoratori.

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