In alcuni casi, l’INPS può rimborsare i versamenti previdenziali che sono stati versati in più dai contribuenti.
Non tutti sanno che nel nostro ordinamento previdenziale esiste una particolare categoria di contributi, nota come contributi silenti. Si tratta di quei versamenti che sono stati normalmente accreditati dal lavoratore ma che non vengono utilizzati ai fini della maturazione del diritto alla pensione.

Tali contributi inutilizzati rimangono nelle casse dell’INPS e non possono essere restituiti tramite il riconoscimento di una rendita mensile. C’è, però, una particolare ipotesi in cui l’Istituto di previdenza rimborsa davvero i contributi che sono stati versati dai lavoratori. Chi rientra tra la platea dei fortunati?
Contributi per la pensione: questi lavoratori hanno diritto al rimborso dall’INPS in caso di inutilizzo
Chi ha accreditato contributi per maturare i 20 anni di anzianità richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia ma non ha raggiunto tale soglia, rischia di vedere annullati i propri sforzi e di perdere i versamenti, visto che non possono essere tramutati in pensione.

Coloro, però, che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1° gennaio 1996 e che ricadono nella categoria dei cd. contributivi puri, hanno la possibilità di usufruire della pensione di vecchiaia a 71 anni di età e soli 5 anni di contribuzione. In pratica, per evitare che i propri versamenti diventino “silenti” è necessario non averne alcuno prima del 1996. Stesso discorso per i lavoratori che hanno contributi in differenti gestioni INPS; se, infatti, il diritto alla pensione si raggiunge in una sola gestione, gli accrediti delle altre potrebbe rimanere inutilizzati, soprattutto se la ricongiunzione ha un costo eccessivamente elevato.
Il diritto al rimborso dei contributi versati e rimasti inutilizzati è riconosciuto soltanto ad alcuni lavoratori parasubordinati che maturano il massimale annuo di contribuzione, ossia coloro che sono iscritti alla Gestione Separata INPS e che, nel corso della carriera, hanno versato contributi eccedenti rispetto alla soglia annua fissata dalla normativa previdenziale. La disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 2, comma 18, della Legge n. 335/1995, la cd. Riforma Dini, che prevede il principio del massimale contributivo. Quest’ultimo consiste nel limite massimo di contributi che vanno versati in un anno. Il massimale non è sempre lo stesso, ma viene adeguato al tasso di inflazione. Attualmente, è pari a 120.607 euro. Tutti coloro che superano questa somma, possono ricevere il rimborso dei contributi in eccesso, presentando domanda telematica tramite l’area riservata del sito INPS, alla sezione “Rimborsi contributi non dovuti per collaboratori e lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata“.