No alla riforma pensioni integrale? L’Inps indica i punti critici che obbligano al mantenimento della la legge Fornero

Salvo alcune modifiche o correzioni di secondo piano, la legge Fornero sarebbe di fatto intoccabile e non cancellabile, perché mancherebbero le risorse pubbliche per superarla. La tesi dell’Inps è netta. 

La riforma della previdenza è uno degli obiettivi nell’agenda di Governo e questo perché l’attuale maggioranza ritiene l’attuale sistema di accesso alle pensioni troppo gravoso o comunque non idoneo a rispondere ai bisogni dei cittadini lavoratori – specialmente coloro che sono ormai anziani e continuano a svolgere un’attività di lavoro pesante o pericolosa per maturare i necessari requisiti per il pensionamento.

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Ecco perché si parla di Quota 41 estesa a tutti, a superare quei meccanismi sperimentali introdotti via via negli anni a costituire dei canali preferenziali di accesso alla pensione – rispetto ai requisiti della riforma previdenziale di una dozzina di anni fa. Pensiamo alle varie Quote succedutesi nel tempo ma anche a strumenti quali l’Ape sociale, ad esempio.

Ebbene, se l’obiettivo della riforma pensioni, con annessa abolizione o archiviazione della legge Fornero, resta uno dei punti chiavi del programma dell’Esecutivo, è però notizia di questi giorni l’avviso che arriva proprio da Inps e che indica qualcosa che non sarà gradito a coloro che auspicano la modifica radicale del sistema pensioni in Italia. Di che si tratta? Ebbene, secondo l’istituto la legge Fornero non può essere abolita perché non lo permetterebbero i conti pubblici nazionali. Vediamo più da vicino.

Legge Fornero immodificabile: i fattori chiave della tesi dell’Inps sulle pensioni

In buona sostanza, la legge Fornero presenta caratteristiche tali per cui nel sistema previdenziale odierno sarebbe diventata un quasi ‘intoccabile’ strumento per garantire equilibrio. O almeno questo è quanto ritiene il presidente dell’Inps che, in varie occasioni pubbliche, ha già avuto modo di delineare – e confermare – il suo punto di vista. In altre parole, Inps ammetterebbe se mai possibili lievi correzioni alla legge ma un superamento tout court dell’attuale sistema per andare in pensione diverrebbe deleterio per il paese.

Perché questa visione così negativa sulle possibili novità in ambito previdenziale? Ebbene i motivi sarebbero essenzialmente due:

  • da un lato, sulla scorta di quanto indicato nel recente Documento di Economia e Finanza – DEF, il governo Meloni non avrebbe le risorse per lasciarsi alle spalle l’attuale sistema pensionistico già a partire dal prossimo anno;
  • dall’altro non vi sarebbero neanche le prospettive per cogliere l’obiettivo riforma pensioni e cancellazione della Fornero nel lungo termine. E questo perché, secondo le considerazioni svolte da Inps, toccare le norme pensionistiche attualmente vigenti metterebbe a rischio i conti pubblici e il bilancio del paese.

Ecco allora che l’Inps non usa mezze misure nel definire le prospettive di cambiamento del sistema pensioni in Italia. Di mezzo c’è, anche e soprattutto, la grave questione dell’andamento demografico negativo ormai da molti anni e proprio questo fattore ha delle ricadute notevolissime a livello di sostenibilità del sistema pensionistico nazionale.

I numeri parlano chiaro

Senza un’inversione di tendenza nelle nuove nascite, secondo Inps sarebbe dunque impensabile introdurre novità in materia pensionistica che rendano, nel complesso, più agevole l’uscita dal mondo del lavoro, grazie a requisiti ‘alleggeriti’ o comunque revisionati alla radice. Inps prefigura infatti che se l’andamento demografico proseguirà in questa direzione, nel giro di 20 anni o poco più il nostro paese rischierà di trovarsi di fronte alla situazione in cui vi sarà lo stesso numero di pensionati e di nuovi lavoratori.

Il punto critico è proprio questo: secondo i calcoli effettuati dai tecnici dell’Inps, se il rapporto dovesse divenire di uno a uno, il sistema di fatto salterebbe e risulterebbe insostenibile per le casse dello Stato sul piano del rapporto entrate (pagamento dei contributi) – uscite (pensioni erogate).

Al momento il rapporto tra lavoratori e pensionati è pari a 1,4 e nel 2029 calerebbe ancora a 1,3. Il problema vero vi sarà però dopo il 2040-2050, periodo in cui, alla luce di questo trend di nuove nascita, la direzione sarà quella – temuta – del rapporto uno ad uno. In un contesto come questo, le casse dell’Inps potrebbero non risultare sufficientemente rifornite per pagare tutti gli assegni previdenziali. Ecco perché Inps ha inteso sottolineare che, alla luce di ciò, varare nuovi anticipi o agevolazioni pensionistiche sarebbe estremamente pericoloso, concludendo che piuttosto alla riforma Fornero potranno essere apportate soltanto piccole modifiche o correzioni.

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