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Lifestyle

‘Ridatemi i soldi del Canone RAI’, la Preside si scaglia contro Blanco

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Sono davvero ben spesi i soldi del Canone RAI? Qualcuno sta cominciando a criticare un obbligo (decisamente) assurdo.

Il 73esimo Festival di Sanremo, come tutti gli anni, ha innescato discussioni e polemiche. Ma forse stiamo andando oltre al solito “gossip”.

InformazioneOggi

Gli italiani, forse, sono stufi di subire imposizioni. Dopo la pessima performance del cantante Blanco – che ricordiamo ha sfasciato l’arredo floreale del palco – parla una dirigente scolastica.

Nei principali quotidiani e organi d’informazione leggiamo che il 73esimo Festival di Sanremo “ha sbancato”. Ascolti record in tutte le serate. D’altronde la RAI, per pagare profumatamente i conduttori e gli ospiti, ha usato gli incassi (anch’essi record) delle pubblicità, che ammontano a 42 milioni di euro.

Se facciamo un passettino indietro negli anni, la Televisione di Stato era sì a pagamento, ma garantiva una continuità di visione non interrotta dalla pubblicità. Quando nacquero le televisioni “indipendenti”, si pagavano da sole i costi, grazie appunto agli annunci commerciali. Non si sa di preciso quand’è che la RAI ha abbracciato l’efficace metodo per guadagnare, ma il fatto è che è saltato un piccolo dettaglio: il Canone da pagare è rimasto. Per di più come tassa, e quindi chi non adempie al dovere rischia anche grosso.

Tutti paghiamo volentieri per un servizio, ma se poi questo servizio o bene non ci piace non paghiamo più, o chiediamo la restituzione dei soldi. Come da diritti garantiti per Legge. Con la Tv di Stato, però, non si può. Dobbiamo pagare, anche se non accendiamo mai la televisione. O se preferiamo fare abbonamenti con altre emittenti private.

È giusto pagare forzatamente il Canone anche se non si apprezza ciò che viene mandato in onda?

Una dirigente di un istituto scolastico di Busto Arsizio, Amanda Ferrario, ha voluto dire la sua. Forse è la prima persona che ha avuto il coraggio di farlo apertamente. Perché probabilmente rispecchia l’opinione di molti altri italiani.

Alla Preside non è andato giù il dover assistere alla scena di violenza gratuita perpetrata da Blanco. Quando, in uno scatto d’ira, ha distrutto l’arredo del palcoscenico. Per dei motivi davvero banali.

De gustibus non est disputandum, d’accordo, e a qualcuno il Festival sarà piaciuto per davvero. Nonostante la propaganda di guerra e anche quella che va a “imporre” la nuova libertà sessuale, che va accettata senza se e senza ma, a patto che non si voglia essere tacciati di razzismo, omofobia o entrambe le cose insieme.

Ma se a qualcuno ciò che offre la RAI non piace, perché dovrebbe essere costretto a pagare? La domanda è d’obbligo, e chissà come mai nessuno lo aveva dichiarato così apertamente e sinceramente.

Queste, tra le altre, le sue parole. “Il gesto di Blanco si commenta da solo: maleducazione, vandalismo, delirio di onnipotenza. Fosse mio figlio, oggi avrebbe la faccia gonfia di schiaffoni. O forse no, li avrebbe avuti per tempo. Fosse un mio alunno e avesse fatto questo a scuola sarebbe stato denunciato ed espulso. Ridatemi i soldi del canone”.

Speriamo che la dirigente scolastica non venga denunciata per “tentata violenza genitoriale”, o con una formula di quelle così tanto “politically correct” che vanno di moda adesso.

Di certo c’è che i personaggi del Festival di Sanremo non rappresentano necessariamente ciò che i giovani sono per davvero. Quello che accade fuori dal palcoscenico. E che andrebbe raccontato di più. Di giovani che lavorano, che sono impegnati in volontariato e che hanno davvero “voglia di fare” ce ne sono tanti. Ma di loro nessuno parla (quasi) mai.

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