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Pensioni

Pensione Opzione Donna: si ritorna alle vecchie regole? I possibili scenari

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Anche nel 2023 ci sarà Opzione Donna, ma le modifiche previste dalla Legge di Bilancio non convincono. Ecco per quale motivo.

Opzione Donna è uno strumento di flessibilità in uscita introdotto nel 2004, con la Legge Maroni. Permette di smettere di lavorare in anticipo, senza attendere la maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia o per la pensione anticipata ordinaria.

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La misura è rivolta alle lavoratrici iscritte all’Assicurazione Generale Obbligatoria oppure ai Fondi ad essa sostitutivi od esclusivi gestiti dall’INPS. Nelle scorse settimane, è stato annunciato il rinnovo dello strumento pensionistico, con delle importanti novità che fanno discutere.

Non perdere il seguente approfondimento: “Pensione Opzione donna: come cambierà nel 2023 ma non sarà destinata a tutte“.

I requisiti per accedere ad Opzione Donna

L’agevolazione è fruibile da parte delle lavoratrici che possiedono:

  • 58 anni di età, se dipendenti, o 59 anni, se autonome;
  • 35 anni di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2021.

In poche parole, Opzione Donna è accessibile alle dipendenti che sono nate entro il 31 dicembre 1963 e alle autonome nate entro il 31 dicembre 1962. È bene ricordare, inoltre, che la legge fissa la cd. finestra mobile, in base alla quale la prestazione è pagata dopo 12 mesi dal raggiungimento dei presupposti (per le dipendenti) oppure dopo 18 mesi (per le autonome).

Le conseguenze sull’assegno pensionistico

Uno degli svantaggi di Opzione Donna consiste nel ricalcolo esclusivamente contributivo dell’ammontare spettante. Di conseguenza, potrebbero esserci anche tagli sull’assegno del 20- 30%. La riduzione, tuttavia, non è uguale per tutte, ma dipende dall’età della lavoratrice, dalle peculiarità della sua carriera, dalla retribuzione percepita e dal numero di contributi maturati.

In generale, maggiore è l’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1995, maggiore è la riduzione dell’importo dell’assegno spettante.
Inoltre, ai fini del raggiungimento del requisito contributivo dei 35 anni, vengono presi in considerazione i contributi accreditati a qualsiasi titolo (obbligatori, da riscatto e da ricongiunzione, volontari, figurativi). Le lavoratrici dipendenti del settore privato, iscritte all’Assicurazione Generale Obbligatoria, però, non possono contare sui contributi accreditati per malattia e disoccupazione.

Possono, però, riscattare con il metodo contributivo gli anni precedenti il 31 dicembre 1995. Si tratta di un’opzione vantaggiosa per maturare i 35 anni di contribuzione richiesta.
Una volta maturati i requisiti per usufruire della pensione anticipata, le interessate hanno la facoltà di continuare a lavorare e di rimandare il congedo, presentando domanda per Opzione Donna anche dopo l’apertura della finestra mobile. Esiste, infatti, il cd. principio della cristallizzazione del diritto.

Consulta anche: “Opzione Donna 2023, cambia (quasi) tutto: le novità nella legge di Bilancio che faranno discutere“.

Come cambia Opzione Donna nel 2023

La nuova Legge di Bilancio ha prorogato Opzione Donna anche per il prossimo anno. Ha modificato, tuttavia, uno dei requisiti di accesso. Sarà necessario, infatti, il possesso di 35 anni di contribuzione e di 60 anni di età. Tuttavia, si può accedere alla misura a 59 di età, se si ha un figlio, oppure a 58, con due figli.

La distinzione, dunque, non si baserebbe più su lavoratrici autonome e dipendenti, ma sul numero di figli che si hanno.

Ma c’è un’altra novità. Per andare in pensione a 58 anni, senza alcun vincolo legato al numero di figli, le lavoratici devono:

  • assistere, da almeno 6 mesi dal momento della richiesta, il coniuge o un parente di primo grado convivente, oppure un parente o un affine di secondo grado affetto da handicap grave;
  • possedere un’accertata riduzione della capacità lavorativa superiore o pari al 74%;
  • essere state licenziate o essere dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.

Queste modifiche sono state considerate fortemente discriminatorie, nei confronti delle lavoratrici che non hanno figli. Per questo motivo, il Governo sta pensando di ritornare alla vecchia versione di Opzione donna, quella finora vigente.

In tal caso, dunque, ci sarebbe una semplice proroga di un anno della facoltà di smettere di lavorare usufruendo di tale strumento di flessibilità.

Si tratterebbe, tuttavia, di un provvedimento solo temporaneo, perché si attende, nel corso del 2023, un’organica Riforma dell’intero sistema previdenziale italiano.

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