Pensioni sfumate per alcune categorie: la lista degli sfortunati

La rivalutazione delle pensioni potrebbe svantaggiare chi non ha i requisiti economici necessari per accedere ad alcuni strumenti pensionistici.

Nonostante il rinnovo di alcune forme di pensione anticipata, con la Legge di Bilancio 2023, il prossimo anno molti lavoratori rischiano di non poter usufruire delle pensioni.

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InformazioneOggi

Oltre ai presupposti anagrafici e contributivi, in alcuni casi, la normativa prevede il rispetto anche di un requisito economico; quest’ultimo è legato all’assegno maturato, che non deve essere inferiore ad una determinata soglia. Nello specifico, sono due i trattamenti che contemplano tale limite: la pensione di vecchiaia (unicamente per i contributivi puri, cioè coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1995) e la pensione anticipata, riservata ai contributivi.

La questione è che, dal 2023, la soglia minima della pensione sarà maggiore, per effetto della rivalutazione. Uno strumento, dunque, destinato a tutelare i contribuenti dagli effetti dell’inflazione potrebbe, invece, diventare un fastidioso vincolo. Analizziamo la vicenda nel dettaglio.

Per ulteriori informazioni sulla rivalutazione, consulta il seguente articolo: “Rivalutazione pensioni: la rivoluzione delle 6 nuove fasce“.

Pensioni a rischio a causa della rivalutazione

In seguito alla rivalutazione delle pensioni del prossimo anno, l’importo minimo degli assegni aumenterà (seppur solo di qualche decina di euro). Tale cifra, però, funge da valore soglia per maturare il diritto al pensionamento; per una somma irrisoria, quindi, molti contribuenti rischierebbero di dover continuare a lavorare.

I lavoratori maggiormente penalizzati sono i cd. contributivi puri, cioè coloro che hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996. Essi temono che, a causa della rivalutazione, non possano raggiungere la cifra minima stabilita dalla legge.

Questo meccanismo di adeguamento si verifica annualmente, ma nel 2023 potrebbe sfavorire eccessivamente i lavoratori con anzianità contributiva a partire dal 1996. In seguito alla rivalutazione al 7,3%, infatti, la pensione minima si arricchirà di circa 38 euro al mese; di conseguenza, aumenterà anche il requisito di accesso al pensionamento.

Leggi anche: “Rivalutazione pensioni: aumentano le tasse 😨 amarezza dei pensionati“.

Rispetto del limite economico per i contributivi puri

Come abbiamo accennato, sono due i trattamenti che impongono il rispetto di un requisito economico, oltre che anagrafico e contributivo, cioè la pensione di vecchiaia per i contributivi puri e la pensione anticipata contributiva.

Nella prima ipotesi, il pensionamento è consentito con 67 anni di età e 20 anni di contribuzione, ai lavoratori sottoposti al calcolo retributivo. Per i destinatari, invece, di un assegno calcolato con il sistema contributivo, la legge richiede la maturazione di una pensione uguale o superiore a 1,5 volte l’ammontare del trattamento minimo.

Poiché, per il 2022, la pensione minima annua (aggiornata al tasso di rivalutazione dell’1,9%) è di 6.830,18 euro, per poter usufruire delle pensioni di vecchiaia è necessario percepire un assegno di almeno 10.245,27 euro.

La pensione anticipata contributiva, invece, spetta solo ai cd. contributivi puri, che godono del beneficio dell’anticipo di 3 anni del pensionamento, a condizione di aver accumulato un assegno di valore pari o superiore a 2,8 volte il trattamento minimo.

In altre parole, si ha accesso alla pensione a 64 anni, con 20 anni di anzianità contributiva e con un assegno di 19.124,50 euro, ossia circa 1.470 euro lordi al mese.

Quali saranno i requisiti per accedere alle pensioni nel 2023?

I nuovi importi delle pensioni minime nel 2023, rivalutati con un tasso del 7,3%, porteranno, quindi, ad un incremento del tetto reddituale necessario per l’accesso ad alcuni strumenti pensionistici.

Nello specifico, la pensione minima si innalzerà da 525,38 a 563,73 euro ed il trattamento annuo passerà a 7.328,49 euro. A questo ammontare, inoltre, va addizionato un ulteriore 1,5%, stabilito dal nuovo Governo. Quest’ultima percentuale, tuttavia, non dovrebbe rientrare nel calcolo del limite per accedere al pensionamento.

Sulla base delle considerazioni appena effettuate, per poter smettere di lavorare tramite la pensione di vecchiaia, chi ha versamenti previdenziali dopo il 31 dicembre 1995, avrà bisogno di raggiungere un assegno pari a 10.992,73 euro, rispetto ai 10.245,27 euro sufficienti per il 2022.

Per fruire della pensione anticipata contributiva, invece, il presupposto economico cambierà da 19.124,50 a 20.519,77 euro, con un aumento di 1.400 euro annui. Questo vuol dire che il contribuente deve aver accumulato abbastanza contributi da raggiungere una pensione mensile di 1.578,44 euro lordi.

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