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Economia

Pignoramento conto corrente: l’Agenzia delle Entrate può bloccarlo? La risposta poco nota

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Il pignoramento del conto corrente è possibile quando un contribuente ha un debito esattoriale con un Ente di riscossione.

Oltre al conto possono essere pignorati anche la pensione e la casa. Tuttavia, i legislatori hanno messo dei limiti economici da non superare.

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Il pignoramento, però, non è automatico come potrebbe sembrare e nemmeno immediato. Insomma, non basta non pagare una multa o le tasse per vedersi bloccato il conto. Rappresenta, infatti, il primo passo per l’avvio alla procedura.

Pignoramento conto corrente: l’Agenzia delle Entrate può bloccarlo? A molti non è noto

L’ente preposto al pignoramento del conto corrente e quindi della riscossione dei crediti non è l’Agenzia delle Entrate ma l’Agenzia delle Entrate Riscossione. Poiché si crea spesso confusione, in futuro, vi è il progetto di unificare i due enti.

Invece, per i crediti degli enti locali, quindi quelli in favore di comuni, province e regioni, sono delegati alcune società private convenzionate dagli enti locali stessi.

Di conseguenza, spesso tra l’ente creditore e l’esattore c’è un passaggio di carte che allunga i tempi esecutivi. Tra l’altro, è proprio questo passaggio dà luogo a prescrizioni o ritardi delle notifiche degli atti che consentono al debitore di fare ricorso contro il blocco del conto corrente.

Infatti, il conto corrente può essere pignorato solo se il debitore non si oppone contro la richiesta del pagamento da parte del Fisco. Però si possono verificare due situazioni diverse.

La prima avviene quando il contribuente in debito con l’ufficio riscossione riceve una notifica di immediato accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che invita al pagamento entro 60 giorni. Inoltre, la notifica rende noto che se il versamento non sarà eseguito, dopo 30 giorni il debito passerà all’Agenzia di riscossione. Questa potrà utilizzare le procedure previste per recuperare il debito tramite una lettera di incarico che comunica l’avvio della procedura di pignoramento.

Invece, la seconda situazione si ha quando non vi è un avviso di accertamento immediato esecutivo, pertanto, l’Agenzia delle Entrate Riscossione invia al contribuente una cartella esattoriale. Dovrà essere pagata entro 60 giorni o presentare una richiesta di pagamento a rate. Se il debito non vine pagato saranno attivate le procedure per il recupero delle somme dovute.

Quali azioni intraprende l’Agenzia delle Entrate Riscossione

L’Agenzia Riscossione può intraprendere azioni cautelari ed esecutive. Con le prime si intende il fermo amministrativo del veicolo oppure l’ipoteca sugli immobili (purché non siamo inferiori a 20mila euro). In entrambi i casi, il debitore riceve un preavviso di 30 giorni per pagare o chiedere la rateazione e solo dopo il mancato pagamento o la mancata comunicazione si procederà di conseguenza.

Invece, le misure esecutive consistono nel pignoramento dei beni e quindi: somme, beni immobili e beni mobili. In questo caso se trascorre più di un anno dalla notifica della cartella, il debitore riceverà l’intimazione di pagamento e dovrà pagare entro 5 giorni. Entro lo stesso termine, potrà chiedere la rateizzazione delle somme.

Per i debiti fino a 1.000 euro non procederà a nessuna azione prima dei 120 giorni dall’invio della notifica. In realtà, nella prossima legge di Bilancio le cartelle fiscali di questo importo dovranno essere annullate d’ufficio.

Pignoramento presso terzi e blocco del conto

Come detto in precedenza, se dopo la notifica della cartella esattoriale il debitore non paga o non decide di rateizzare le somme dovute, l’Esattore potrà procedere al pignoramento del conto corrente.

A questo punto, il contribuente, e per conoscenza anche la banca, riceverà una comunicazione con cui si rende noto che entro 60 giorni deve pagare o chiedere la rateazione. In caso di mancato pagamento ci procederà con il blocco del conto corrente automatico senza autorizzazione del giudice. Quest’ultima invece è obbligatoria per il pignoramento delle pensioni.

Il pignoramento del conto corrente sarà integrale se è utilizzato per versare crediti diversi dal lavoro dipendente; altrimenti, la legge limita il prelievo. Infatti, nei conti correnti in cui è accreditato lo stipendio o la pensione si può pignorare solo la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale: pari a 1.404,30 euro.

Facciamo un esempio per capire, se sul conto corrente è depositato solo 1.000 euro il pignoramento non potrà essere eseguito. Invece, se ci sono 2mila euro si possono pignorare solo 595,70 euro, ovvero l’eccedenza del triplo dell’assegno sociale (2.000 euro meno 1.404,30 euro). Inoltre, non potrà essere pignorato neanche l’ultimo stipendio che deve restare a disposizione del contribuente debitore.

Questa tipologia di pignoramento è detta presso terzi perché il contribuente è debitore verso altri soggetti, come banca, clienti, pubblica amministrazione, ente di previdenza.

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