Pensioni: le elezioni potrebbero stravolgere la flessibilità in uscita?

Nel 2023, i lavoratori avranno più possibilità per l’accesso alle pensioni in anticipo o dovranno fare i conti con il ritorno alla Riforma Fornero?

Dal prossimo 26 settembre ci saranno delle importantissime novità per quanto riguarda le ipotesi di flessibilità in uscita.

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L’esito delle elezioni politiche produrrà conseguenze anche sulle pensioni. La Riforma del sistema previdenziale, infatti, è stato al centro del dibattito elettorale e, dunque, si attende di conoscere quale sarà la coalizione vincitrice. Quel che è certo, finora, è che l’attuale sistema verrà, finalmente, riformato; tuttavia, è difficile pensare che le modifiche interverranno a breve.

Si discute soprattutto sulla possibilità di incrementare la flessibilità in uscita e favorire, così, il ricambio generazionale in ambito lavorativo. Le idee, al riguardo, sono numerose. Ci sarà, probabilmente, un ritorno ad un meccanismo simile a Quota 100 ma, per scoprire tutti i dettagli, bisognerà attendere.

Per approfondire l’argomento, leggi anche il seguente articolo: “Per una riforma pensioni seria la ricetta è flessibilità, no alla decontribuzione ed equità? Le prospettive“.

Pensioni: le conseguenze di Quota 100

Quota 100 è uno strumento di flessibilità in uscita rimasto in vigore, in via sperimentale, per 3 anni, dal 2019 al 2021. Ha permesso l’accesso alla pensione anticipata ai lavoratori che avevano compiuto 62 anni di età e maturato almeno 38 anni di contribuzione.

Il termine ultimo per poter usufruire di tale agevolazione, però, è stato fissato al 31 dicembre 2021, provocando non poco scontento tra i lavoratori che sono rimasti esclusi. Molti contribuenti, infatti, mal hanno tollerato la circostanza di non poter più smettere di lavorare a 62 anni, ma di dover aspettare ulteriori 5 anni.

A placare gli animi non è servita neanche l’introduzione di una misura sostitutiva di Quota 100, cioè Quota 102. Se, infatti, non si raggiungono i 64 anni di età entro il termine stabilito, si rischia di dover attendere necessariamente i 67 anni per la pensione di vecchiaia. A meno che non si appartenga a determinate categorie di soggetti, non esistono altri strumenti che consentono l’anticipo della pensione.

Consulta anche il seguente articolo: “Andare in pensione nel 2023 con Quota 102: una possibilità tangibile ad una condizione“.

Fino a quando non si avrà una Riforma delle pensioni strutturale, dunque, la situazione rimarrà abbastanza complicata.

Flessibilità in uscita: tutte le ipotesi

Da anni, i sindacati chiedono l’attuazione di un sistema attraverso il quale si possa accedere alle pensioni già con 62 anni di età e con 20 anni di versamenti previdenziali. In pratica, si tratterebbe di una pensione di vecchiaia, ma flessibile. La scelta se continuare a lavorare fino ai 67 anni di età, poi, spetterebbe solo al singolo lavoratore.

In questo modo, si garantirebbe la flessibilità e, allo stesso tempo, il ricambio generazionale nel mondo del lavoro. Per l’introduzione di tale meccanismo è necessario, tuttavia, l’appoggio da parte di un’ampia fetta dei partiti politici.

La proposta della pensione di vecchiaia flessibile a 62 anni per tutti sarebbe un’ottima alternativa a Quota 100. E permetterebbe anche di superare lo scoglio dei 38 anni di contribuzione e consentire le pensioni anticipate anche a coloro che possiedono un’anzianità contributiva minore.

L’attuazione della pensione a 62 anni, però, potrebbe comportare anche un enorme svantaggio. Per far fronte alla spesa previdenziale, molto probabilmente, si confermerebbe il ricalcolo contributivo dell’assegno. Chi sceglie di smettere di lavorare a 62 anni, dunque, verrebbe penalizzato, attraverso un taglio dell’importo spettante.  Questa circostanza, ovviamente, non convince i sindacati che lottano per una Riforma delle pensioni senza alcun tipo di penalizzazione per i lavoratori.

Pensioni a 63 o 64 anni: è davvero possibile?

Un’alternativa alla pensione a 62 anni potrebbe essere quella proposta dall’ex Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Cesare Damiano. Un’uscita dal mondo lavorativo a 63- 64 anni di età, con un taglio dell’assegno pensionistico compreso tra il 2% ed il 3%, per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

Per il momento, però, ci sono solo proposte e nulla di concreto. Non è servito a tutelare i lavoratori neanche Quota 102 che ha, semplicemente, aumentato di 2 anni (cioè a 64) l’età del pensionamento. Rimangono, dunque, esclusi molti contribuenti che non sono riusciti ad usufruire di Quota 100, ma che non riusciranno a compiere 64 anni entro il 31 dicembre 2022.

 

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