Cos’è l’afasia e come si manifesta, il male che ha colpito Bruce Willis

Un triste annuncio, quello che ha dovuto fare il noto attore supportato dalla sua famiglia. Cos’è l’afasia, e come si manifesta la malattia che ha colpito Bruce Willis.

L’annuncio sui Social, e poi la triste rivelazione: “Sono gravemente malato, non potrò più recitare”. Bruce Willis, 67 anni, è un attore americano amato in tutto il mondo, famoso per aver impersonato moltissimi personaggi. Ricordiamo ad esempio il papà affettuoso in Armageddon e il coraggioso e affascinante poliziotto John McClane della serie di film Die Hard.

Afasia

Ma cos’è esattamente la malattia che l’ha portato addirittura a rinunciare al Cinema, la sua grande passione? Si tratta di un male che colpisce il cervello, e causa problemi molto importanti. Soprattutto, può svilupparsi in vari modi e andare a compromettere diverse funzioni.

Cos’è l’afasia, e cosa succede a chi ne viene colpito

L’afasia è un disturbo cerebrale che interessa la parte del linguaggio e della cognizione. L’alteramento delle funzioni provoca un cambiamento nell’esprimere le parole, persino nella scrittura. I pazienti, solitamente, non si accorgono di avere la malattia, e comprendono il linguaggio “storpiato” che emettono.

La diagnosi di questo tipo di disturbo, all’inizio, può essere addirittura di “delirio”. In pratica, il soggetto viene scambiato per malato psicologico, proprio perché quello che esprime è al di fuori della realtà. Approfondendo, e solamente tramite esami neurologici mirati, come TC o RM, i medici possono stabilire l’entità del danno al cervello. E stilare una corretta diagnosi.

Le cause della malattia possono essere diverse, così come il suo decorso: sono state individuate, infatti, due forme di afasia, una delle quali è degenerativa. Se l’afasia insorge dopo un trauma specifico (es. ictus, infarto, emorragia o trauma cranico) il danno rimane circoscritto. Se invece deriva da malattie come tumori o encefaliti, può peggiorare gradualmente.

Cos’è l’afasia recettiva e quella espressiva, le differenze

La lesione, a seconda di quale parte del cervello interessa, causa diversi sintomi e problematiche. I pazienti affetti da afasia recettiva – o di Wernicke – non comprendono più le parole, né tramite la vista né con l’udito, e spesso non riescono più a scrivere e leggere correttamente caratteri e parole.

L’afasia espressiva, invece, è ancora più frustrante per il malato. Chi ne soffre, infatti, riesce a comprendere il linguaggio e le espressioni altrui, ma non è in grado invece di parlare nel modo giusto. La difficoltà di comunicare con gli altri è spesso accompagnata anche da difficoltà nella scrittura e nella lettura ad alta voce.

Oltre a queste due tipologie, esistono molte altre forme di afasia; non vengono classificate proprio perché ogni soggetto presenta sintomatologia diversa a seconda del tipo di trauma e della causa che ha scatenato il disturbo.

Esiste una cura per l’afasia?

Questa malattia può colpire chiunque, anche se generalmente è più frequente nelle persone in avanti con l’età. Gli scienziati hanno notato che, nei bambini al di sotto degli 8 anni, è molto più facile il recupero. Nei pazienti più grandi e negli adulti, invece, il processo è molto più lento. In definitiva, non vi è una cura specifica per risolvere i disagi al 100%.

Tramite una terapia logopedica si possono migliorare alcuni sintomi e recuperare in parte la capacità espressiva. In alcuni casi, a seconda della causa che ha scatenato il danno, vengono usati corticosteroidi. Tuttavia, la logopedia sembra essere il mezzo più efficace per aiutare i pazienti nel graduale ripristino delle funzionalità.

Chi non riesce più a ritrovare le funzionalità linguistiche fondamentali viene supportato con altri mezzi. Insieme ai suoi familiari viene istruito a usare supporti e/o dispositivi di comunicazione aumentativa. Parliamo ad esempio di schede con illustrazioni che il paziente può usare per esprimere i bisogni essenziali. Ma anche di programmi per computer che aiutino nella “traduzione” delle informazioni immesse dal paziente.

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