Nel nostro ordinamento ci sono misure che consentono di smettere di lavorare fino a 5 anni prima. Ma a quali condizioni?
Il tema previdenziale è uno dei più sentiti, non solo dalla popolazione ma anche dal Governo, che è al lavoro per trovare soluzioni idonee, in vista della prossima Legge di Bilancio. In attesa della Riforma delle pensioni, l’Esecutivo sta pensando a nuove misure di flessibilità in uscita.
La questione è, tuttavia, molto delicata perché bisognerà verificare la sussistenza di sufficienti risorse economiche. L’obiettivo è evitare il ritorno assoluto della Legge Fornero e continuare a permettere l’uscita anticipata anche con 62 o 64 anni di età . In particolare, sarebbero due gli strumenti su cui si vorrebbe puntare, analizziamoli nel dettaglio.
Per consentire il pensionamento anticipato anche nel 2026, si discute sull’estensione della platea per la pensione anticipata contributiva e sull’introduzione di Quota 41 flessibile. In particolare, la prima opzione consentirebbe anche a coloro che hanno contributi accreditati prima del 1996 di usufruire del beneficio e di lasciare il mondo del lavoro con 64 anni di età e 25 anni di contribuzione.
La misura, inoltre, richiede un ulteriore requisito: la maturazione di un assegno pensionistico di importo non inferiore a 3 volte l’Assegno Sociale (ossia 1.616,07 euro). Per le donne con un figlio, il requisito scende a 2,8 volte e per quelle con due o più figli a 2,6 volte. Si tratta, tuttavia, di una condizione che non tutti riescono a rispettare.
L’altra soluzione consisterebbe nell’introduzione di Quota 41 flessibile; in pratica, verrebbe offerta a tutti la possibilità di uscire dal mondo del lavoro con 41 anni di contribuzione e 62 anni di età . A differenza di Quota 103 (di cui condivide l’anzianità anagrafica e contributiva), tuttavia, verrebbe meno il requisito del ricalcolo completamente contributivo dell’assegno previdenziale. Nel dettaglio, i lavoratori che decideranno di aderire a tale meccanismo, dovranno sottostare a una penalizzazione minore, pari al 2% per ciascun anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, per un totale del 10%.
Ma la vera e propria novità di Quota 41 flessibile risiederebbe nella correlazione tra pensione e ISEE: i contribuenti con un ISEE familiare fino a 35 mila euro non subirebbero alcun tipo di penalizzazione, nonostante l’uscita anticipata. Si tratterebbe di una rivoluzione, visto che finora nessuno strumento previdenziale era mai stato collegato alla situazione reddituale e patrimoniale dei pensionati. Al momento, tuttavia, si tratterebbe di una mera ipotesi e bisognerà attendere la prossima Legge di Bilancio per avere informazioni dettagliate circa la fattibilità della misura.
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