Una recente decisione della Corte di Cassazione ha introdotto un fondamentale principio in merito all’erogazione della pensione di reversibilità.
Sta facendo discutere una sentenza della Suprema Corte, relativa a una richiesta presentata nel 2009 circa il riconoscimento della pensione di reversibilità a una figlia inabile. Il caso è stato sottoposto a vari Tribunali e Corti d’Appello, fino a giungere dinanzi alla Cassazione, che ha emesso una sentenza importantissima.

In particolare, gli Ermellini hanno accolto le ragioni dell’INPS, evidenziando un principio che potrebbe rivoluzionare le regole per il riconoscimento della prestazione ai superstiti. L’Istituto di Previdenza, infatti, potrà far leva sulla prescrizione e bloccare il pagamento. Ma analizziamo il caso nel dettaglio.
Prescrizione pensione di reversibilità: in questi casi si perde il diritto alla misura
La vicenda ha per oggetto la domanda di pensione di reversibilità inviata all’INPS nel 2009 da parte della figlia inabile di un contribuente deceduto nel 1990. Sia il giudice di primo grado sia la Corte d’Appello di Catanzaro avevano riconosciuto il diritto alla prestazione alla richiedente, ritenendo soddisfatti tutti i requisiti richiesti.

Era, dunque, stata respinta l’eccezione di prescrizione presentata dall’INPS, perché mancante della specificazione dettagliata del dies a quo, cioè il giorno inziale di decorrenza dei termini. L’Ente, tuttavia, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ha accolto l’istanza, cassando la sentenza di appello. I giudici di legittimità hanno specificato che la mancata individuazione del dies a quo non influisce sull’eccezione di prescrizione, perché spetta al giudice stabilire (d’ufficio) il termine iniziale della decorrenza. L’INPS, quindi, deve solo eccepire la prescrizione, lasciando al giudice la determinazione dei ratei spettanti.
La decisione della Corte di Cassazione potrebbe avere delle implicazioni molto importanti e mettere in pericolo tanti contribuenti. La prescrizione della pensione di reversibilità è sempre di dieci anni e può essere interrotta dalla domanda amministrativa, dall’avvio del giudizio oppure dalla notifica di altri atti notificati. Non sarà, però, compito dell’INPS calcolare i termini e le scadenze, ma dovrà essere il giudice a stabilire se la prestazione spetta o è prescritta. Di conseguenza, i richiedenti dovranno formulare le loro istanze all’Istituto di Previdenza in maniera molto dettagliata, provando attentamente tutti gli atti che hanno determinato l’interruzione della prescrizione.
La decisione potrebbe costituire un importante precedente, non soltanto per la pensione di reversibilità ma anche per tutte le altre misure previdenziali che si prescrivono. La prescrizione, dunque, non è solo un cavillo burocratico ma un vero e proprio impedimento alla fruizione del diritto.