Nel cervello sarebbe presente una sostanza in grado di incidere sul declino cognitivo legato alla vecchiaia. Cosa significa?
È stata identificata una molecola che influirebbe sull’invecchiamento e sarebbe alla base del declino psicofisico tipico dei soggetti in età avanzata. La scoperta è di fondamentale importanza perché consentirebbe di mettere in atto pratica idonee a raggiungere la longevità più facilmente.

Si tratta di una scoperta importantissima perché i classici “acciacchi” potranno essere regolati e mitigati in maniera semplice, anche tramite l’integrazione alimentare. Senza dubbio non è stato scoperto l’elisir di lunga vita, ma la ricerca consentirà di valutare un approccio più scientifico ai processi di invecchiamento del corpo umano.
Una ricerca cinese ha trovato l’interruttore dell’invecchiamento: quali sono i vantaggi?
I ricercatori guidati da Lige Leng della Xiamen University, in Cina, hanno riscontrato una correlazione tra la riduzione della proteina Menina nell’ipotalamo con l’avanzare della vecchiaia e un’infiammazione neurologica. L’infiammazione sarebbe responsabile della riduzione dei livelli del neurotrasmettitore D-serina, determinando degli effetti tipici dell’invecchiamento, come la perdita della massa ossea, la pelle più sottile, i problemi cognitivi.

Gli studiosi hanno notato che, con gli anni, i livelli di Menina all’interno dell’ipotalamo calano. La ricerca è stata condotta su giovani topi a cui è stato disattivato proprio il gene della Menina. L’operazione ha comportato un invecchiamento precoce, associato a un’infiammazione dell’ipotalamo, all’assottigliamento della pelle, alla riduzione della densità ossea e a una perdita delle facoltà cognitive e dell’equilibrio. Lo studio, pubblicato su PLOS Biology, fa luce su questo detonatore dell’infiammazione alla base dell’invecchiamento.
La scoperta ha una portata molto rilevante se si pensa che il neurotrasmettitore D-serina si trova in alimenti molto comuni, come pesce e uova e, dunque, può essere facilmente integrato nelle diete. Integrando la D-serina nell’alimentazione dei topi anziani per tre settimane, i ricercatori hanno evidenziato un miglioramento dal punto di vista cognitivo. In pratica, potrebbe favorire il ringiovanimento delle capacità cerebrali e la sostanza potrebbe essere somministrata per ridurre l’impatto dell’invecchiamento sul cervello.
Al momento, si tratta di una sperimentazione su animali e non si può accertare se gli effetti sarebbero gli stessi anche sugli esseri umani. Se, in futuro, ci saranno studi in tal senso, si potrebbe verificare la portata degli effetti di Menina e D-serina, magari anche escogitando terapie dirette a preservare dei buoni livelli di queste sostanze negli anziani. Con dei semplici integratori, potrebbero essere alleviati i “fastidi” tipici dell’avanzare dell’età e avere benefici sulla salute fisica e mentale. In questo modo, la medicina preventiva farebbe degli enormi passi in avanti.