Il 2026 potrebbe essere l’anno della svolta per la flessibilità in uscita. Ecco l’ipotesi al vaglio della maggioranza.
Nonostante le preoccupazioni per l’aumento dell’età pensionabile, potrebbero esserci nuove opportunità per i contribuenti che intendono lasciare il mondo del lavoro in anticipo. Con la prossima Legge di Bilancio, infatti, potrebbero essere aboliti degli strumenti di flessibilità (come Quota 103) e previste delle innovazioni.

Continuerebbero, dunque, a esserci opportunità per coloro che non intendono aspettare il raggiungimento dei 67 anni di età. Il Governo è al lavoro per predisporre strumenti che non penalizzino eccessivamente gli interessati; tra di essi, spicca la cd. Quota 89. Come funziona e quali vantaggi assicurerebbe?
Quota 89 per smettere di lavorare in anticipo nel 2026: utile anche la pensione integrativa
Dal prossimo anno, i lavoratori potrebbero usufruire del pensionamento anticipato grazie a Quota 89. Si tratta di uno strumento che presenta della analogie con la pensione anticipata contributiva, estendendo quest’ultima a una platea più vasta di beneficiari e legandola ai fondi di pensione integrativa.

In particolare, la pensione anticipata contributiva è attualmente riservata soltanto ai cd. contributivi puri, ossia coloro che hanno iniziato ad accreditare versamenti previdenziali a partire dal 1° gennaio 1996; è, inoltre, richiesta un’età anagrafica di almeno 64 anni e una contributiva di almeno 20 anni. Con Quota 89, invece, la facoltà di andare in pensione in anticipo verrebbe estesa anche ad altre persone, a condizione che vengano maturati almeno 64 anni di età e 25 anni di contributi.
Sono, tuttavia, previste delle limitazioni in relazione all’ammontare della prestazione previdenziale. Per usufruire di Quota 89, sarà necessario maturare un assegno di importo pari almeno a 3 volte l’Assegno sociale (che, per il 2025, è di 538,68 euro). La vera e propria novità consiste nella circostanza che quest’ultima condizione potrà essere maturata utilizzando la rendita del fondo previdenziale integrativo maturata a 64 anni da chi ha scelto una pensione complementare. In altre parole, verrebbe sommata la pensione erogata dall’INPS con la rendita integrativa, al fine di ottenere il raggiungimento di una somma pari almeno a 3 volte l’Assegno sociale. Potrà anche essere usato il TFR maturato a 64 anni, tramutandolo in rendita mensile per la maturazione di tali requisiti.
Ricordiamo, infine, che è ancora in ballo Quota 41 flessibile, accessibile a tutti con 62 anni di età e 41 di contributi (dunque con requisiti più stringenti rispetto a Quota 89). I beneficiari verrebbero sottoposti a una penalizzazione del 2% dell’assegno per ciascun anno di anticipo, fino al raggiungimento dell’età pensionabile. Il taglio, tuttavia, sarà attivo solo per coloro che hanno un ISEE superiore a 35 mila euro.