Mai cercare queste parole su Google: gli hacker sono in agguato

Allarme cybersicurezza: le sei parole da non utilizzare su Google sono comunissime.

Può una semplice ricerca su Google metterti nei guai? A quanto pare la risposta è sì. Negli ultimi giorni si è diffuso un nuovo allarme che coinvolge direttamente milioni di utenti che utilizzano Google come motore di ricerca abituale. Secondo quanto riportato da SOPHOS, azienda leader nel settore della sicurezza informatica, alcuni hacker starebbero sfruttando tecniche sofisticate per colpire chi cerca specifiche parole chiave sul web.

persona con smartphone in mano
Mai cercare queste parole su Google: gli hacker sono in agguato – informazioneoggi.it

La minaccia nasce da un meccanismo particolarmente subdolo: l’inserimento di termini comuni nella barra di ricerca può condurre inconsapevolmente verso link creati ad arte per rubare dati personali e informazioni sensibili. A essere presi di mira non sono soltanto esperti di tecnologia, ma utenti comuni che si ritrovano esposti a pericoli concreti senza rendersene conto.

Le 6 parole da evitare assolutamente su Google

Secondo gli esperti di SOPHOS, ci sarebbero almeno sei parole che è meglio evitare quando si effettua una ricerca su Google. Una delle più inaspettate è “gatti del Bengala”, apparentemente innocua. Alcuni utenti hanno digitato domande come “I gatti del Bengala sono legali in Australia?” e sono finiti su siti fraudolenti che imitano pagine affidabili. Il risultato? Perdita di dati personali, a partire da quelli bancari.

ricerca google
Le 6 parole da evitare assolutamente su Google – informazioneoggi.it

Il sistema sfruttato dagli hacker si basa sul malware Gootloader, in grado di infiltrarsi nei dispositivi attraverso link presenti tra i primi risultati di ricerca. Questo rende inefficaci le raccomandazioni classiche, come evitare siti sospetti o ignorare allegati sconosciuti, poiché le vittime si sentono rassicurate dalla posizione dei link su Google.

Anche termini come “Australia”, “legali”, “Bengala” o semplicemente “gatti” rientrano tra quelli potenzialmente tracciati dai cybercriminali. L’obiettivo è far comparire le loro pagine compromesse in alto nei risultati, sfruttando algoritmi di indicizzazione e tecniche SEO avanzate. Una volta cliccato, l’utente attiva il programma malevolo che comincia a raccogliere dati.

Le conseguenze di un attacco sono serie: dati bancari, email, password, nominativi, indirizzi e persino le app installate possono finire nelle mani sbagliate. SOPHOS sottolinea come questa modalità d’attacco rappresenti una nuova frontiera del crimine informatico, sempre più difficile da individuare.

Nel frattempo, le aziende di sicurezza informatica stanno approfondendo l’indagine per individuare ulteriori parole chiave da segnalare. Gli utenti, dal canto loro, devono prestare maggiore a

Gestione cookie