Cosa si può fare se la Commissione Sanitaria INPS, non accoglie la domanda di indennità di accompagnamento anche se la persona richiedente ha gravi difficoltà a compiere atti di vita quotidiana? Scopriamolo in quest’articolo.
Analizziamo un caso comune a molti e riguarda l’indennità di accompagnamento, un sussidio mensile riconosciuto dall’INPS a coloro che si trovano in una forte situazione di disagio per la loro disabilità grave con limitazioni agli atti di vita quotidiana.

Una Lettrice ci scrive: “Ho presentato domanda di indennità di accompagnamento all’INPS per mia madre che è invalida al 100% e ha la legge 104 art. 3 comma 3. In pratica vive su una sedie a rotelle. L’INPS mi ha respinto la pratica, cosa posso fare?”
Indennità di accompagnamento INPS: come ottenerla
L’indennità di accompagnamento è stata introdotta con la Legge numero 18 nel 1980, si tratta di una prestazione economica riconosciuta dall’INPS ai soggetti invalidi totali con grave difficoltà a compiere atti quotidiani di vita senza un accompagnatore.

Per beneficiare della prestazione, ci sono dei presupposti da seguire: 1) il riconoscimento della percentuale dell’invalidità totale al 100%; il richiedente è impossibilitato a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore; impossibilitato a compiere atti quotidiani della vita senza assistenza continua; essere cittadino italiano o cittadino UE residente in Italia o cittadino extracomunitario in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; non essere ricoverato presso strutture sanitarie con rette a carico dello Stato o di altro ente pubblico o ricoverato in reparti di lungodegenza o riabilitativi.
L’indennità di accompagnamento è riconosciuta a prescindere dal reddito del soggetto richiedente, non incide nemmeno l’età e lo svolgimento di un’attività lavorativa, sia autonoma o subordinata.
Da precisare che l’indennità non è trasmissibile iure hereditatis dopo la morte dell’invalido e non è cumulabile con altre indennità simili (ad esempio, quello di servizio per causa di lavoro). Ma cosa succede se l’INPS nega l’indennità di accompagnamento? È sempre possibile fare ricorso ad un parere medico negativo della Commissione Medico Legale INPS, al Giudice competente. Nel caso il parere è favorevole, il Giudice condanna l’INPS al pagamento dei rati maturati e maturandi. Nello specifico il ricorso per accertamento tecnico deve essere depositato presso il Tribunale territoriale e richiede l’assistenza di un avvocato.
Il Giudice a seguito del ricorso e del deposito della memoria difensiva dell’INPS, nomina un consulente tecnico di ufficio (CTU) conferendogli l’incarico di effettuare la visita medica del ricorrente. Se il CTU dimostra le condizioni invalidanti che danno diritto all’indennità di accompagnamento, il Giudice condanna l’INPS alle spese legali e al versamento dell’indennità di accompagnamento con arretrati.
Consigliamo alla nostra Lettrice di rivolgersi presso un Patronato o chiedere l’assistenza di un avvocato specializzato in pratiche di invalidità, che esaminata la pratica potrà consigliare come agire per far valere i propri diritti.
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