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L’Agenzia delle Entrate ti spia anche sul cellulare: scatta il Grande Fratello fiscale

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L’Agenzia delle Entrate può utilizzare social e WhatsApp come prova nei controlli fiscali: ecco cosa stabilisce la Cassazione.

Il mondo della pubblica amministrazione sta diventando sempre più digitalizzato. Non stupisce quindi che l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono oggi accedere a contenuti social e messaggistica privata per effettuare controlli fiscali.

L’Agenzia delle Entrate ti spia anche sul cellulare: scatta il Grande Fratello fiscale – informazioneoggi.it

Non si tratta di semplici indiscrezioni, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha conferma la legittimità dell’uso di dati estratti da dispositivi elettronici nell’ambito di indagini tributarie.

In modo particolare, con la sentenza n. 8259/2025 è stato stabilito che documenti informatici, anche se provenienti da smartphone o computer sequestrati, possono essere considerati validi come prove documentali.

Social, chat e dispositivi elettronici: cosa può davvero fare il Fisco

La questione si è posta con un caso giudiziario che ha visto coinvolta una coppia, formalmente separata. I due continuavano a convivere more uxorio, pianificando operazioni economiche che includevano la donazione di immobile l’intestazione fittizia di una Porsche Cayenne a un familiare e la compravendita di un’autovettura in contanti.

Social, chat e dispositivi elettronici: cosa può davvero fare il Fisco – informazioneoggi.it

In tutto questo, il marito risultava debitore verso l’erario per circa 500.000 euro. La Procura ha inoltre utilizzato post pubblicati su Facebook per fortificare il piano accusatorio. Tramite i social è stata infatti testimoniata la natura fittizia della separazione e la continuità della convivenza.

La Corte di Cassazione ha stabilito che questi elementi hanno piena efficacia probatoria in qualità di riproduzioni informatiche ai sensi dell’art. 2712 del codice civile.

Ma non si tratta solo di social network. Anche le chat su WhatsApp possono essere utilizzate come prove, come confermato dalla sentenza n. 8376 del 28 febbraio 2025. Anche in assenza di un controllo diretto, i messaggi scambiati possono rientrare nel fascicolo probatorio, purché non ne venga contestata la veridicità.

Va detto tuttavia che l’accesso ai contenuti di uno smartphone non è automatico per l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza. Questi accessi devono essere autorizzati da un magistrato, motivati da fondati indizi di reato e proporzionati alla gravità dell’illecito. In ambito fiscale, questo strumento è riservato a casi di evasione grave, come frodi, emissione di fatture false o occultamento di patrimoni.

 

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