Dal 2026 cambia l’accesso alla pensione anticipata: nuovi requisiti per i lavoratori contributivi.
Nel sistema previdenziale italiano, Quota 103 ha rappresentato una delle soluzioni più rilevanti per l’accesso anticipato alla pensione. Introdotta nel 2023, questa misura ha consentito ai lavoratori di lasciare il mondo del lavoro a 62 anni con almeno 41 anni di contribuzione, ma la sua permanenza sembra destinata a concludersi.

Con l’avvicinarsi del 2026, il dibattito politico e tecnico sulla riforma previdenziale si sta concentrando su nuove modalità di uscita flessibile dal lavoro, pensate per rispondere alle mutate esigenze dei lavoratori e alla necessità di sostenibilità del sistema.
Una nuova flessibilità in uscita per i contributivi puri
Tra le proposte più concrete vi è quella che consente di accedere alla pensione a 64 anni con almeno 25 anni di contributi. Questa ipotesi è riservata ai cosiddetti contributivi puri, ovvero coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995, rientrando quindi interamente nel sistema di calcolo contributivo.

Oltre al requisito anagrafico e contributivo, è previsto un ulteriore vincolo economico: l’assegno previdenziale dovrà essere pari o superiore a tre volte l’importo dell’assegno sociale. Questo limite, introdotto per garantire l’adeguatezza della prestazione pensionistica, potrebbe diventare più stringente nei prossimi anni. Si ipotizza infatti, a partire dal 2030, un aumento della soglia minima a 3,2 volte l’assegno sociale e l’innalzamento del requisito contributivo a 30 anni.
La nuova proposta si fonda interamente sul principio di corrispondenza tra quanto versato e quanto ricevuto. Il calcolo della pensione sarà infatti basato esclusivamente sul sistema contributivo, escludendo ogni componente retributiva. Questo approccio mira a garantire la tenuta del sistema nel lungo periodo, pur offrendo maggiore libertà ai lavoratori con carriere più recenti o discontinue.
Un ulteriore sviluppo potrebbe riguardare l’estensione di questo modello anche ai lavoratori che hanno iniziato la propria attività prima del 1996. La Lega ha proposto di finanziare questa estensione attraverso l’utilizzo del Tfr aziendale, già versato nel conto di tesoreria dell’INPS. Questo meccanismo permetterebbe di sostenere la flessibilità in uscita senza pesare ulteriormente sulla fiscalità generale.
Il superamento delle logiche basate su “quote fisse” tra età anagrafica e anni di contributi potrebbe aprire la strada a un sistema più flessibile e proporzionale, capace di adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro e della demografia. Il principio guida resta quello dell’equilibrio tra rigore contabile e giustizia sociale, in un contesto in continua evoluzione.