La NASpI ha subito delle variazioni dal primo gennaio 2025, sono tanti i dubbi su come effettuare il calcolo.
A chiarire molti aspetti è la Suprema Corte, che dopo aver esaminato il caso, ha stabilito quali giorni devono essere considerati ai fini del calcolo dei 30 giorni di lavoro effettivo.
Precisiamo che dal primo gennaio 2025, con l’introduzione delle norme stabilite nella Legge di bilanci 2025, il nuovo requisito contributivo che da diritto alla NASpI, è di almeno tredici settimane.
Nello specifico, l’INPS sul suo portale comunica con la circolare numero 98 del 5 giugno 2025 che: “se l’interessato ha cessato volontariamente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei 12 mesi che precedono la disoccupazione involontaria per la quale si richiede la NASpI, la norma prevede che il richiedente possegga almeno 13 settimane di contribuzione nell’arco temporale che va dalla data di cessazione volontaria a quella di cessazione involontaria dal rapporto di lavoro“.
La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha chiarito alcuni principi fondamentali sul concetto di lavoro effettivo e sul calcolo del periodo utile per accedere alla disoccupazione indennizzata (NASpI). I chiarimenti della Cassazione, sono particolarmente importanti sia per i lavoratori che per i consulenti del lavoro e i datori di lavoro, in quanto incidono direttamente sui diritti previdenziali.
Cosa si intende per “giornata utile” ai fini della disoccupazione? Secondo la Suprema Corte, ai fini della verifica dei requisiti per accedere alla NASpI, sono considerate giornate lavorative valide quelle di effettivo lavoro, ma anche: le giornate di ferie retribuite; i permessi retribuiti; le ferie. Qualsiasi giornata per la quale il lavoratore abbia diritto alla retribuzione e alla relativa contribuzione previdenziale.
Nello specifico, la Corte chiarisce che sono valide tutte le giornate in cui il rapporto di lavoro è attivo e produttivo di effetti giuridici (retribuzione e contributi) rientrano nel conteggio. Sono esclusi dal conteggio i periodi di sospensione del rapporto di lavoro dovuti a cause previste dalla legge che impediscono le reciproche prestazioni. Alcuni esempi di questi periodi sono: congedo parentale; lunga malattia; sospensioni per cause di forza maggiore tutelate per legge.
La Suprema Corte sottolinea che le ferie e i riposi non sono semplici assenze, ma fanno parte integrante del rapporto di lavoro stesso. L’attività lavorativa comprende anche le pause da lavoro, che hanno lo scopo del recupero delle energie del lavoratore e sono equiparabili allo svolgimento concreto delle mansioni.
Quindi, nel calcolo che da diritto alla fruizione della NASpI, bisogna considerare non solo i giorni di effettivo lavoro, ma anche le assenze di lavoro indennizzate, come sopra descritto.
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