Scenario inaspettato sul fronte pensioni, dove si ipotizza un taglio dell’assegno pensionistico a coloro che, mediamente, vivono di più.
Non è passata inosservata una recente proposta dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per quanto riguarda il tema delle pensioni. Ma cosa sta succedendo? Entriamo quindi nei dettagli e vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito.
Il lavoro nobilita l’uomo perché consente di avere il denaro necessario a pagare i diversi beni e servizi grazie a cui poter soddisfare le varie necessità della vita quotidiana. Dopo molti anni di duro lavoro, è possibile finalmente andare in pensione. Questo a patto di aver maturato dei requisiti dal punto di vista anagrafico e contributivo.
Proprio questi risultano spesso così stringenti da rendere la pensione, per molti, un’utopia. Se tutto questo non bastasse, le ultime osservazioni dell’Inps in merito non sono affatto incoraggianti. Si prospetta, infatti, uno scenario inaspettato, dove si ipotizza un taglio dell’assegno pensionistico a coloro che, mediamente, vivono di più. Ecco cosa c’è da sapere in merito.
Come si evince dal XXII rapporto Inps, è stata svolta un’analisi che conferma “l’esistenza di importanti differenze nella speranza di vita, riconducibili non solo alle differenze di reddito, ma anche alla gestione contributiva, che coglie seppur in modo impreciso la tipologia di lavoro e il settore di riferimento, e alla regione di residenza, che è un indicatore del contesto socioeconomico in cui vive il soggetto”.
La presenza di queste differenze, viene sottolineato, si rivela essere una problematica non indifferente dal punto di vista dell’equità e della solidarietà. Questo poiché “l‘attuale sistema previdenziale applica al montante contributivo un tasso di trasformazione indifferenziato. Il non tener conto del fatto che i meno abbienti hanno una speranza di vita inferiore alla media risulta nell’erogazione di una prestazione meno che equa a tutto vantaggio dei più abbienti”.
Partendo da questo presupposto, pertanto, viene avanzata l’ipotesi di effettuare un ricalcolo dell’assegno pensionistico in base al lavoro svolto e alla speranza di vita. Questo perché vi sono categorie di lavoratori che una volta raggiunta l’età pensionistica vivono mediamente di più rispetto ad altre. Ad esempio si stima che un dirigente viva mediamente più a lungo rispetto ad un operaio.
Se tutto questo non bastasse, si registrano differenze anche in base alla regione di appartenenza. Si stima, ad esempio, che le regioni in cui si registra la più alta longevità per gli uomini siano Marche e Umbria. Per le donne, invece, si stima essere il Trentino Alto Adige. La speranza di vita risulta essere più bassa, invece, in Campania e in Sicilia.
Secondo l’istituto di previdenza, pertanto, nella determinazione del coefficiente di trasformazione bisognerebbe tenere conto anche di altre variabili, come il tipo di lavoro svolto, regione di residenza e speranza di vita. Una soluzione, quella proposta, che al momento è un’ipotesi, la cui attuazione sembra essere particolarmente difficile.
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