In pensione con meno di 30 anni di contributi, le combinazioni possibili da subito

Andare in pensione senza aver maturato 30 anni di contributi è possibile. Basta conoscere gli scivoli e le combinazioni con l’età anagrafica da soddisfare.

Requisito anagrafico e contributivo, dalla combinazione di età e contributi accumulati si può capire quando e come andare in pensione.

in pensione con 30 anni di contributi
In pensione con 30 anni di contributi – Informazioneoggi.it

Quando aumenta la voglia di pensionamento è bene conoscere tutte le possibilità previste dal sistema previdenziale italiano. Tutti i lavoratori possono lasciare il lavoro a 67 anni di età con venti anni di contributi o, avendone maturate meno, a 71 anni di età con minimo cinque anni di contribuzione. Spegnendo 67 candeline, dunque, il pensionamento è assicurato con un numero di contributi tra venti e trenta ma occorre tener conto che l’importo dell’assegno non sarà certamente elevato come per chi ha maturato circa 40 anni di contribuzione.

Il sistema di calcolo utilizzato inciderà notevolmente sull’assegno e se contributivo con 30 anni di contributi le sorprese non saranno piacevoli. Ma chi ha iniziato a lavorare tardi dovrà accontentarsi o ritardare il momento di uscita dal mondo del lavoro. Vediamo, dunque, quali sono gli scivoli da utilizzare se si hanno meno di 30 anni di contribuzione alle spalle.

Trenta anni di contributi bastano per la pensione, in quali casi?

Abbiamo già accennato alla pensione di vecchiaia. Permette il pensionamento a 67 anni di età con 20 di contributi ma i requisiti non finiscono qui. Occorrerà aver maturato un assegno superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale pari nel 2023 a 503,27 euro al mese.

Opzioni pensione con 30 anni di contributi
Quali scivoli pensionistici con meno di 30 anni di contributi – Informazioneoggi.it

Un altro escamotage per il pensionamento prima dei 67 anni con meno di 30 anni di contributi è la pensione contributiva che si raggiunge a 64 anni. Tale opzione è riservata, però, ai lavoratori che rientrano nel sistema di calcolo contributivo puro ossia che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996. Anche qui c’è un’altra condizione. L’assegno dovrà essere superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale. Un traguardo piuttosto difficile da raggiungere con meno di 30 anni di contributi.

Infine c’è l’APE Sociale. Non si tratta di una vera e propria pensione ma di un trattamento che accompagna il lavoratore fino alla maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Permette di lasciare il lavoro al compimento dei 63 anni di età e avendo maturato 30 anni di contributi ma solo appartenendo ad un categoria tra

  • invalidi con percentuale di disabilità minima del 74%,
  • disoccupati,
  • caregiver che assistono familiari disabili gravi da almeno sei mesi.

Può scendere a 28 anni il requisito contributivo per le donne con figli. Occorre sapere, però, che l’APE Sociale non consente di avere un assegno superiore a 1.500 euro. Inoltre non eroga tredicesima. Tutte le somme aggiuntive verranno corrisposte con il ricalcolo dell’assegno una volta fatta richiesta della pensione di vecchiaia.

A fare richiesta dell’APE Sociale possono essere i dipendenti, i lavoratori autonomi e parasubordinati mentre rimangono esclusi i lavoratori delle Casse dei liberi professionisti. La domanda di riconoscimento del diritto dovrà essere inoltrata entro il 31 marzo per essere certi di rientrare tra i beneficiari.

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