Il Governo Meloni ha comunicato il taglio del cuneo fiscale del 4%, con effetti più che positivi sugli stipendi di quasi tutti i lavoratori.
Con il Decreto Lavoro, il Governo spiazza tutti e annuncia l’aumento degli stipendi per coloro che percepiscono meno di 35 mila euro annui.
Rispetto alle previsioni, infatti, il taglio del cuneo fiscale sarà superiore, confermando la volontà dell’Esecutivo di “alleggerire la pressione fiscale” sulle buste paga. Per questo motivo, la maggior parte delle risorse finanziarie della manovra sarà impiegata per diminuire la quota contributiva a carico del lavoratore. Vediamo, dunque, tutte le novità dell’ultimo provvedimento ed in che modo inciderà sugli stipendi dei contribuenti.
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In seguito alle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2023, la quota contributiva dovuta dal dipendente è stata diminuita:
Per effetto del nuovo Decreto Lavoro, invece, il risparmio per i lavoratori, sulla base dell’ammontare della retribuzione sarà il seguente:
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I nuovi importi verranno applicati dal mese di luglio 2023 e fino a novembre. A differenza di quanto era stato anticipato, dunque, la misura non riguarderà gli stipendi di dicembre e la tredicesima.
Per capire la portata delle innovazioni introdotte dal Decreto Lavoro, è utile fare degli esempi. Su una busta paga di mille euro, il risparmio sarà di 40 euro al mese, per un totale di 200 euro, in 5 mesi. Se si sommano agli sgravi della Legge di Bilancio 2023, i lavoratori risparmieranno 70 euro al mese.
Per uno stipendio di 1.500 euro, invece, il vantaggio sarà di 60 euro, cioè 300 euro fino a novembre. La cifra sale a 105 euro al mese, se si considera l’intero taglio del 7%.
Un busta paga di 2 mila euro beneficerà di un risparmio di 80 euro al mese, ossia 400 euro da luglio a novembre. Tenendo conto dello sgravio del 6%, l’importo ammonterà a 120 euro.
Su uno stipendio di 2.500 euro, infine, il risparmio sarà di 100 euro, corrispondenti a 500 euro fino a novembre e 150 euro al mese, in totale.
Specifichiamo, però, che il taglio non riguarderà esclusivamente l’importo netto. La riduzione della somma contributiva dovuta dal lavoratore, infatti, comporterà l’aumento della base imponibile su cui viene determinata l’IRPEF. In conclusione, sarà superiore l’imposta sul reddito da pagare.
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