Lavoro domestico e malattia: l’INPS non paga, tutta la verità

Chi svolge un lavoro domestico ha diritto alla malattia ma non è l’INPS che si occupa del pagamento dei giorni di assenza dall’attività lavorativa. 

I giorni di malattia al lavoratore domestico vengono indennizzati dal datore di lavoro. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale non ha alcun ruolo nel versamento.

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InformazioneOggi.it

L’indennità di malattia consente al dipendente malato di assentarsi dal posto di lavoro per recuperare lo stato psicofisico ottimale. La Legge italiana tutela così i lavoratori – dipendenti, non gli autonomi – nei periodi in cui a causa di una patologia precisa e accertata dal medico non possono recarsi sul posto di lavoro. Il dipendente non percepisce lo stipendio durante l’assenza ma un’indennità sostitutiva generalmente erogata dall’INPS, dall’azienda per la quale si lavoro o da entrambe.

In redazione è giunto un quesito. “Svolgo un lavoro domestico come donna delle pulizie, se non posso andare a lavoro per malattia mi spetta il pagamento?“. La risposta è sì anche se non sarà l’INPS a corrispondere le somme spettanti bensì il datore di lavoro. 

Lavoro domestico e malattia, l’indennizzo giornaliero

Il datore di lavoro si deve occupare di indennizzare i giorni di malattia del proprio collaboratore domestico. Nello specifico, per i primi tre giorni dovrà erogare il 50% delle retribuzione mentre per i giorni successivi il corrispettivo sarà pari al 100%.

L’importo giornaliero dovrà essere calcolato in 1/30 dello stipendio mensile. Il numero dei giorni pagati, poi, aumenta a seconda dell’anzianità contrattuale ossia

  • fino a sei mesi i giorni retribuiti saranno otto,
  • da sei mesi a due anni i giorni retribuiti saranno dieci,
  • oltre due anni i giorni retribuiti saranno quindici.

Cosa accade quando i giorni retribuiti finiscono

Il datore di lavoro è obbligato a pagare chi svolge un lavoro domestico per suo conto solo per otto, dieci o quindici giorni in base all’anzianità contributiva. Se questi limiti dovessero essere superati allora il lavoratore non riceverà più alcun compenso. Rimane, però, il diritto a conservare il posto di lavoro. Non potrà, dunque, essere licenziato perché malato. C’è sempre, però, un intervallo di tempo da considerare ossia

  • 10 giorni di calendario con anzianità contrattuale fino a sei mesi,
  • 45 giorni di calendario con anzianità contrattuale da sei mesi a due anni,
  • 180 giorni di calendario con anzianità contrattuale oltre i due anni.

I giorni potranno aumentare del 50% in caso di malattia oncologica. In questo caso sarà compito di chi svolge il lavoro domestico consegnare il prima possibile il certifica medico attestante la patologia nonché i giorni di prognosi.

Da sottolineare, poi, come i periodi relativi la conservazione del posto di lavoro vengano calcolati nell’anno solare (365 giorni decorrenti dall’evento).

Gli oneri per chi svolge il lavoro domestico

Qualora insorgesse una malattia, il dipendente dovrebbe immediatamente

  • avvertire il datore di lavoro,
  • richiedere il certificato medico entro il giorno successivo l’inizio della patologia,
  • consegnare il certificato al datore di lavoro entro due giorni dal rilascio.

Se la malattia dovesse insorgere durante il periodo di prova oppure durante un periodo di preavviso di licenziamento o dimissioni si procederebbe con la sospensione della decorrenza degli stessi.

Differenze nei pagamenti per collaboratore convivente e non convivente

La retribuzione durante la malattia viene calcolata in modo diverso a seconda se chi svolge il lavoro domestico convive o meno con il datore di lavoro. Questo perché solitamente lo stipendio del collaboratore convivente include anche vitto e alloggio. Di conseguenza per calcolare 1/30 della mensilità occorrerà sommare al mensile lordo previsto da contratto la media mensile di vitto e alloggio per poi dividere il risultato per 30.

Lo stabilisce il CCNL Colf e badanti indicando come la retribuzione su cui conteggiare la malattia sia “globale di fatto” e includa le indennità di vitto e alloggio.

Se il collaboratore domestico non dovesse risultare convivente, invece, si dovrebbe unicamente ricavare il mensile medio e dividere il risultato per 30 in modo tale da conoscere l’importo percepito durante tutto il periodo di malattia.

Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.

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