Arriva lo sgravio contributivo che rimanda le pensioni e potenzia lo stipendio 😲

L’inserimento nelle regole di legge di un beneficio a favore di coloro chi rinviano le pensioni nel pubblico impiego, è al momento oggetto di dibattito a livello politico. Novità concrete potrebbero giungere dalla prossima legge di Bilancio.

La pensione è un traguardo ambito da tutti, non soltanto da coloro che svolgono lavori gravosi e usuranti che, a lungo andare, possono essere tra le concause di alcuni disturbi di salute.

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Ebbene, anche per i lavoratori del pubblico impiego l’obiettivo della pensione è e resta nient’affatto secondario, tanto che in questo periodo si sta ragionando sull’introdurre una sorta di premio per chi sceglie di non andare in pensione, pur potendolo fare.

Parlare di incentivi nel pubblico impiego per impedire fughe dal lavoro con il sopraggiungere dei requisiti per le pensioni ha un dunque un senso, se pensiamo anche e soprattutto ad una categoria come i medici, di cui nei tempi odierni si sente un rinnovato bisogno.

Insomma nella manovra da varare entro il 31 dicembre, per evitare i problemi del cosiddetto esercizio provvisorio, c’è anche questo tema e, nel corso di questo articolo, ne vogliamo parlare: quali premi potrebbero essere introdotti per favorire la permanenza al lavoro nella PA? Vediamolo insieme.

Pensioni nel pubblico impiego: il problema del mancato turnover integrale

Se consideriamo il pubblico impiego e la questione pensionamento, non possiamo non tener conto di una questione pratica di assoluto rilievo. E ci riferiamo al cosiddetto blocco decennale del turn over. Non c’è ricambio generazionale o, per lo meno, non c’è nella misura che servirebbe per garantire il funzionamento efficace della macchina della PA. I numeri parlano chiaro: oggi l’età media degli impiegati pubblici tocca i 50 anni, anche a seguito di meccanismi quali Quota 100 e Quota 102. Gli uffici pubblici hanno via via perso pezzi, tanto che la carenza di organico si aggira sul 30%.

A livello ministeriale con il Governo Draghi si è ritenuto doveroso procedere sulla strada dei nuovi concorsi pubblici, ma per il momento ciò non è bastato a risolvere il problema dello scarso organico e quello per cui chi va in pensione, lascia comunque un ‘vuoto’ di competenze ed esperienza che soltanto con il tempo potrà essere colmato dai nuovi assunti.

Vero è infatti che i giovani, e ci riferiamo soprattutto a coloro che hanno le competenze più alte e più ricercate nel mondo del lavoro, in massa hanno ultimamente scelto di non gareggiare nei concorsi pubblici – preferendo magari una possibile assunzione in qualche grande azienda o multinazionale, oppure scegliendo di cercare lavoro fuori dai confini nazionali. In altre parole, il lavoro nella PA non è più visto un approdo sicuro, come invece è stato in passato.

Ma tutto ciò ovviamente si riflette sulla qualità del servizio e sulle capacità della struttura della PA, che risultano così meno efficaci nel raggiungere la cittadinanza e nell’erogare prestazioni e servizi davvero all’altezza. E le pensioni in questo senso pesano non poco sulla PA.

I concorsi pubblici non attirano più come un tempo nonostante gli ancora molti ‘concorsisti’

Pensiamo però anche al fatto che ai concorsi partecipano oggi non pochi laureati in settori in forte saturazione: essi cercano nel concorso pubblico quel posto fisso e quell’occupazione che altrimenti con difficoltà potrebbero trovare altrove. Il riferimento va ai tanti laureati in giurisprudenza che partecipano alle selezioni pubbliche, ma anche a quell”esercito’ di concorsisti, ovvero persone che partecipano sistematicamente a molti concorsi, nella speranza di vincerne almeno uno.

Non di rado persone over 40 e che dunque, anche se assunte, non potrebbero contribuire a dare quella spinta al turnover nella PA così richiesto. Ecco perché c’è chi parla di introdurre, già con la prossima legge di Bilancio, nuovi premi ed incentivi per spingere i lavoratori del settore pubblico a restare ancora qualche anno a lavorare, rinunciando momentaneamente al diritto alle pensioni.

Proprio i ‘concorsisti’ rappresentano in verità un problema per le PA, perché tra chi partecipa a molti concorsi nell’arco di un anno, c’è chi ne vince due, tre o più – con il risultato che questi vincitori “multipli” possono scegliere il posto meglio pagato e più vicino alla loro casa. Lasciando però scoperte molte posizioni nelle amministrazioni. E ciò accade proprio ora che il turnover di massa sarebbe cosa alquanto utile per il buon funzionamento della macchina della PA.

Tra prepensionamenti e incentivi a restare a lavorare nel pubblico impiego: un delicato compromesso

Ma come dicevamo sopra, un altro dato assodato è che ormai il posto fisso in ufficio con un rigido orario da rispettare, non sembra più attirare come un tempo. Con lo smart working molto più diffuso che in passato, l’ascesa delle nuove professioni e la crisi del mercato del lavoro tradizionale, sono sempre di più i giovani – e i meno giovani – che preferiscono guardarsi attorno nella ricerca di un lavoro più congeniale alle proprie aspirazioni, invece che rivolgersi ai concorsi pubblici. A farne le spese però è la PA, che non riesce ad attuare quel ricambio generazionale di cui avrebbe bisogno. Ed appunto le nuove pensioni costituiscono un problema.

Ecco perché le ipotesi di prepensionamento (quota 102 e quota 41) sono viste con timore da buona parte degli osservatori, pur essendo argomento centrale di dibattito sul futuro del sistema previdenziale. In contrapposizione a ciò abbiamo però correttivi, premi ed incentivi a restare di più a lavoro.

Come? Ebbene, l’ipotesi che sta circolando in questo periodo è quella di introdurre – accanto al pensionamento anticipato a 61 anni (64 nel caso di Quota 102 “modello Draghi”) – una sorta di premio per chi resta in ufficio dopo il compimento dei 63 anni. Di fatto uno sgravio contributivo che consentirebbe ai lavoratori pubblici di conservare in busta paga le somme di solito versate per i contributi.

Secondo le stime, l’aumento dello stipendio si attesterebbe sul 30%. Certamente non poco, ma in questo senso avremo conferme ufficiali soltanto con la stesura della prossima legge di Bilancio.

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