Stipendio in contanti a badanti: è possibile? La risposta vi stupirà

Le badanti possono percepire la retribuzione in contanti oppure è obbligatorio ricorrere a sistemi di pagamento tracciabili? Scopriamolo.

La normativa che disciplina il lavoro domestico prevede delle regole differenti rispetto a quelle stabilite per gli altri lavoratori, perché il datore di lavoro è una famiglia.

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Le deroghe valgono anche per la retribuzione, per la quale non vige il principio di tracciabilità degli stipendi. I badanti (e, più in generale, i collaboratori domestici), dunque, possono anche essere pagati in contanti. Perché? Il motivo risiede nella natura di tale mestiere e nella circostanza che il datore di lavoro non è un’azienda, bensì una famiglia.

La normativa, tuttavia, stabilisce dei limiti che devono essere rispettati. Vediamo in cosa consistono.

I limiti per la retribuzione dei badanti

Le limitazioni imposte dalla legge non riguardano unicamente il rapporto di lavoro, ma l’uso del contante. Il tetto massimo per le transazioni, infatti, è stato prima ridotto a 1.000 euro ed, infine, portato a 2 mila euro. Gli stipendi in contanti ai badanti, quindi, possono essere versati solo se sono inferiori a 2 mila euro.

A partire da gennaio 2023, tuttavia, tale limite ritornerà ad essere di 1.000 euro e, dunque, le retribuzioni in contanti dovranno essere di massimo 999,99 euro.

L’imposizione di queste soglie ha degli effetti molto importanti. Innanzitutto, nel caso di prelievi dal conto corrente bancario maggiori di 1.000 euro, la banca è legittimata, se lo ritiene opportuno, a richiedere al proprio cliente di giustificare l’operazione. Qualora le ragioni non fossero credibili, l’istituto di credito potrebbe segnalarlo all’Unità di informazione finanziaria, che, a sua volta, potrebbe emanare un accertamento preliminare.

Quali sono le conseguenze se non si rispetta il limite imposto dalla legge per il pagamento in contanti? La pena è costituita da una sanzione amministrativa, il cui importo è molto elevato. Si va, infatti, da un minimo di 3 mila euro ad un massimo di 50 mila euro, per le violazioni più gravi. Bisogna, quindi, prestare molta attenzione alle operazioni che si effettuano.

Consulta anche il seguente articolo: “Badanti, colf e baby sitter: ecco le nuove regole con sanzioni fino a 1500 euro“.

Se si pagano i badanti in contanti si perdono le agevolazioni

In ogni caso, indipendentemente dalla soglia di 1.000 o di 2 mila euro, versare la retribuzione ai collaboratori domestici in contanti non è raccomandabile. Se, infatti, non si utilizzano le modalità che garantiscono la tracciabilità (come assegno, carta di credito, bonifico), non è possibile ottenere la maggior parte delle agevolazioni fiscali e dei Bonus.

Oltre al noto Bonus badanti, i benefici fiscali sono essenzialmente due:

  1. la deduzione dei contributi versati all’INPS per badanti o colf. La cifra massima oggetto della deduzione è di 549,37 euro e solo per la quota a carico del datore di lavoro;
  2. la detrazione, riservata a coloro che assumono un badante per assistere persone non autosufficienti. Il beneficio è pari al 19% del compenso riconosciuto, fino ad un totale di 2.100 euro. La detrazione complessiva, dunque, non può essere superiore a 399 euro l’anno ed è disponibile unicamente per coloro che possiedono un reddito annuo non superiore a 40 mila euro. Per accedere all’agevolazione, inoltre, bisogna richiedere il certificato medico attestante la non autosufficienza della persona assistita. Il documento deve essere esibito, su richiesta, all’amministrazione finanziaria, insieme alle ricevute dello stipendio pagato (recante la firma del collaboratore domestico).

Dei vantaggi del Bonus badanti abbiamo ampliamente parlato nel seguente articolo: “Bonus badanti: straordinario, questa Regione rimborsa il 60% delle spese“.

Le regole per la deduzione dei contributi

L’unico soggetto a cui spetta la deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali è il datore di lavoro. All’agevolazione, inoltre, si accede anche se si usa un conto corrente non intestato al datore e, dunque, se il versamento avviene da parte di terzi. A esempio, quando i figli pagano i badanti tramite il conto corrente di un genitore che necessita di assistenza.

È bene ricordare che i contributi dei collaboratori domestici (a differenza delle altre tipologie di lavoratori) sono calcolati sulla paga oraria e non sulla retribuzione mensile. L’aliquota, dunque, è applicata alla fascia di cui fa parte la retribuzione oraria.

I contributi corrisposti per il badante sono deducibili dalla Dichiarazione dei Redditi, sia nel Modello 730, sia nel Modello Redditi. Per l’accesso a tale beneficio, non è obbligatorio che il badante svolga specifiche mansioni (ad esempio, l’assistenza a soggetti non autosufficienti).

Bisogna, però, fare un’importante differenziazione tra la deduzione dei contributi e la detrazione. La deduzione, infatti, spetta per ogni collaboratore domestico (anche colf o baby sitter), mentre la detrazione riguarda solo i badanti, cioè i lavoratori preposti alla cura di persone non autosufficienti. Infine, le deduzioni e le detrazioni per i collaboratori domestici ed i badanti possono essere cumulati tra loro.

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