Andare in pensione a 55 anni: è realtà con questi strumenti poco conosciuti

La legge mette a disposizione dei lavoratori diverse soluzioni previdenziali per andare in pensione a 55 anni e con 30 anni di contributi. Ecco quali sono.

Il sistema previdenziale italiano permette l’accesso alla pensione con 55 anni di età e 30 di contributi. Questa opportunità, però, è concessa solo ad alcune tipologie di lavoratori.

pensione 55 anni
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Attualmente (e fino al 2024), la pensione di vecchiaia si raggiunge con 67 anni di età e 20 anni di contribuzione. Ci sono, tuttavia, degli strumenti di pensionamento anticipato, come la pensione anticipata ordinaria, Quota 102, l’Ape Sociale, Opzione Donna, Quota 41 per lavoratori precoci e la pensione anticipata per gli addetti ai mestieri usuranti.

Analizziamo, nel dettaglio, le varie opzioni, evidenziandone i pro ed i contro.

Pensione con 55 anni e 30 di contributi: come ottenerla?

A 55 anni possono smettete di lavorare i cd. lavoratori precoci. La legge italiana, infatti, prevede uno specifico strumento previdenziale per coloro che hanno almeno 41 anni di contribuzione e che hanno cominciato a versare i contributi prima del compimento dei 19 anni di età. Si tratta di Quota 41.

Possono usufruire di questa possibilità le seguenti categorie di lavoratori:

  • caregivers che prestano assistenza, da almeno 6 mesi, al coniuge o ad un familiare di primo o secondo grado affetto da handicap grave;
  • invalidi con una percentuale di invalidità riconosciuta uguale o maggiore del 74%;
  • addetti ai mestieri usuranti, gravosi o notturni.

Quota 41, dunque, è una prerogativa che spetta esclusivamente a chi ha iniziato la propria carriera lavorativa da giovane. Con soli 30 anni di versamenti previdenziali, quindi, non si può ottenere; al massimo, il requisito può essere maturato sommando il diritto alla pensione ad una condizione di invalidità.

Per ulteriori informazioni, consulta il seguente articolo: “Quota 41, uscita anticipata per lavori precoci e usuranti: scopriamo le differenze“.

Anche le donne lavoratrici non vedenti possono andare in pensione a 55 anni. In tal caso, è necessario possedere anche almeno 10 anni di anzianità contributiva ed un’invalidità pensionabile (che non deve essere confusa con l’invalidità civile).

Il pensionamento anticipato per invalidità civile, invece, può essere accordato alle donne lavoratrici dipendenti con un’invalidità dell’80% e con 56 anni di età e 15 di contributi; per gli uomini, invece, sono necessari 61 anni di anzianità anagrafica e 20 di anzianità contributiva.

Assegno o pensione di inabilità: a chi spetta?

Chi ha 55 anni e 30 di contribuzione, poi, può andare in pensione anche tramite l’Assegno ordinario di invalidità o la pensione di inabilità.

L’Assegno ordinario di invalidità spetta agli iscritti all’AGO (l’Assicurazione Generale Obbligatoria) dell’INPS o ad altri Fondi sostitutivi, che hanno un’invalidità riconosciuta minima del 67% e che hanno pagato almeno 5 anni di contributi, di cui 3 negli ultimi 5 anni di lavoro.

L’Assegno consente ai percettori di continuare a svolgere un’attività lavorativa, a differenza della pensione ordinaria di inabilità, accordata nell’ipotesi di assoluta e permanente impossibilità di lavorare, dovuta ad infermità o problemi fisici e psichici.

La pensione di inabilità richiede:

  • 5 anni di contributi versati, di cui almeno 3 negli ultimi 5 anni di lavoro;
  • l’invalidità civile superiore a 2/3 e l’inabilità permanente e assoluta;
  • la cessazione della carriera lavorativa.

Non perdere il seguente approfondimento: “Assegno sociale per chi non ha contributi: a quanto ammonta e come richiederlo“.

Quanto si guadagna andando in pensione con 55 anni e 30 di contributi?

A quanto ammonta l’assegno pensionistico di coloro che smettono di lavorare a 55 anni di età e con 30 di contribuzione?  L’importo del trattamento è calcolato o tramite il sistema misto o tramite quello contributivo.

In questa ipotesi, con 30 anni di contributi, si adotta il sistema misto, che considera i versamenti previdenziali effettuati entro il 1995 (sistema retributivo) e quelli versati a partire dal 1996 (sistema contributivo).

Inoltre, il montante contributivo raggiunto è aumentato con il numero di settimane che dividono la decorrenza della pensione al compimento dei 60 anni, entro il limite di 2080 contributi settimanali (cioè, 40 anni). Questo vuol dire che il lavoratore dipendente inabile al lavoro, che ha 55 anni di età e 30 di contribuzione, avrà una pensione di inabilità determinata su 35 anni di contributi; nello specifico, sui 30 normalmente versati e sugli ulteriori 5 che gli mancano per raggiungere i 60 anni di età.

Un esempio può aiutare a comprendere meglio il meccanismo. Mettiamo il caso di un lavoratore con 55 anni di età e 30 di contributi, con una retribuzione lorda annua di 30 mila euro. Applicando il coefficiente di trasformazione fissato a 57 anni (per accede alla pensione in anticipo) e, dunque, uguale al 4,186%, riceverà un assegno pensionistico di circa 17 mila euro lordi all’anno, corrispondenti a poco più di 1.330 euro lordi al mese, ossia 1.000 euro netti al mese.

Con una retribuzione minore, di 26 mila euro lordi annui, invece, il lavoratore percepirà circa 15 mila euro lordi di pensione all’anno, circa 1.150 euro lordi al mese, cioè 900 euro netti al mese.

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