Incredibile, ‘Ibuprofene guarisce il Covid’, forse è per questo che è sparito dalle farmacie. Lo studio

Nuovi studi confermano che l’ibuprofene guarisce il Covid, o meglio, riduce molto la forma grave della malattia.

Gli studi effettuati sulle cure a base di antinfiammatori come l’Ibuprofene sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche.

Ibuprofene guarisce il Covid
Adobe Stock

Ma cosa significa esattamente che l’Ibuprofene può guarire il Covid? Ma soprattutto, questa cosa è associata alla “scomparsa” del noto medicinale dagli scaffali delle farmacie? Molto probabilmente sì. Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire come stanno le cose.

Cos’è l’Ibuprofene e a cosa serve

Ibuprofene è un medicinale da banco – quindi non serve nemmeno ricetta medica – molto usato dagli italiani. Si tratta di un principio attivo, in realtà, con il quale si fanno molti farmaci.

Viene usato per contrastare infiammazioni di vario tipo, dolori osteoarticolari, mal di gola e mal di testa, dolori mestruali e quelli che potremmo definire “sintomi influenzali”. Sintomi che sono dati anche dalle ultime varianti del Covid. Come Omicron, che fortunatamente ha diminuito la sua “letalità”.

È notizia di questi giorni che in molte farmacie non si trova più l’Ibuprofene. Probabilmente, i tantissimi contagiati dalle varianti, si stanno auto-curando. Anche perché come detto i sintomi del virus adesso sono lievi.

Certo, l’autocura non è propriamente una buona idea, e ovviamente bisognerebbe consultare il medico curante prima di assumere un qualsiasi medicinale.

l’Ibuprofene però è sicuro, usato da anni e inserito in molte formulazioni di tanti farmaci. Viene usato anche in formato pediatrico. E il fatto che manchi dalle farmacie non deve preoccupare. I farmacisti, infatti, possono sopperire provvedendo loro stessi a prepararlo.

Lo studio che ‘conferma’ che l’Ibuprofene guarisce il Covid

In realtà esistono diversi studi che dimostrano l’efficacia dell’Ibuprofene nel contrastare il Covid.

A gennaio di quest’anno, il Direttore dell’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri Irccs, Giuseppe Remuzzi, ha divulgato interessanti scoperte. Ovvero, che somministrando ai primi sintomi del virus (entro 72 ore) Ibuprofene o antinfiammatori, la malattia non degenera.

Si salvano dunque vite perché si evita la forma grave, l’ospedalizzazione e il peggioramento progressivo. Quello che ha portato alla morte tantissime persone. Forse proprio perché le indicazioni da parte del Ministero della Salute erano quelle di “prendere Tachipirina e rimanere in vigile attesa”. Cioè proprio il contrario dell’intervento tempestivo.

Gli studi divulgati da Remuzzi sono due e vanno a concordare appieno anche con un altro studio. Pubblicato su ANSA ad aprile 2022. E riportato anche sull’American Journal of Biomedical Science and Research.

Si tratta dei risultati raggiunti dal Comitato Cura Domiciliare Covid-19. Un comitato che nacque spontaneamente e formato da medici che cercarono una soluzione alla pandemia. Che però per molto tempo non sono stati ascoltati.

Il Comitato ha fornito dati davvero interessanti. “Da febbraio a dicembre 2021, sono stati presi in esame i dati di 966 pazienti non vaccinati (selezionati appositamente per valutare l’impatto della cura in assenza di supporto vaccinale). Sono stati trattati con ibuprofene, aspirina, nimesulide, indometacina, ketoprofene. Isolando i dati di un sottogruppo di 339 pazienti più anziani (over 50) con età media di 60 anni, si è scoperto che nessuno di loro è stato ricoverato dopo trattamento con anti infiammatori somministrato entro le 72 ore dall’inizio dei sintomi.”

Cosa significano questi studi e quali sono gli ipotetici scenari futuri

I numeri e i risultati parlano chiaro. Se preso in tempo, il Covid può non incorrere nella forma grave. Si potranno evitare ospedalizzazioni, “emergenze” di posti letto. Sarà possibile evitare di non curare adeguatamente chi soffre di altre malattie. Si potrà evitare il decesso di molte persone.

Sempre Remuzzi, in una dichiarazione rilasciata agli organi di stampa, affermava che questi risultati non sono ancora sufficientemente valutati. Questo perché non hanno le medesime caratteristiche di quelli fatti dall’industria. Ma ciò non significa che non siano validi. Per questo motivo Remuzzi ha chiesto fortemente un dialogo con l’AIFA, per completare gli studi e aiutare concretamente la Medicina a combattere il Covid.

L’Avvocato Erich Grimaldi, presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, sostiene con forza questi studi e chiede che venga presa in considerazione l’efficacia della cura tempestiva. Come sostengono i medici del comitato da oltre 2 anni.

Esiste un ulteriore studio, pubblicato su The Lancet, che conferma l’efficacia di uno spray nasale che se usato in fase precoce ottiene gli stessi risultati. Cioè una minor incidenza della forma grave del Covid.

Dunque manca solamente una cosa: la volontà politica di (quantomeno) approfondire. Cosa che fino ad oggi non sembra avvenire. Solamente con il confronto e valutando tutte le possibilità, infatti, si potrà tutelare davvero la salute della popolazione.

(le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici pubblicati su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi)

Lascia un commento


Impostazioni privacy