Congedo straordinario con legge 104: è necessaria la convivenza nello stesso appartamento? La risposta non è banale

Per presentare richiesta di congedo straordinario, il beneficiario ed il familiare disabile devono convivere. Quali sono i requisiti della convivenza?

Il congedo straordinario è previsto dal D.lgs. n.151 del 2001.È un beneficio concesso ai familiari lavoratori che assistono un disabile grave (ai sensi dell’art.3, comma 3, della Legge 104).

congedo straordinario
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Il congedo straordinario permette di conciliare l’assistenza ai congiunti malati con la possibilità di preservare il posto di lavoro. Il lavoratore caregiver, infatti, ha diritto ad un permesso retribuito di due anni, fruibile anche in modo frazionato, a giorni. In relazione alla contribuzione, la legge prevede la corresponsione di un’indennità pari alla retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro effettivo, precedente al congedo.

Il periodo di congedo straordinario, inoltre, è coperto da contribuzione figurativa, utile per il conteggio dell’anzianità previdenziale per la pensione e non è calcolato ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e TFR.

Congedo straordinario: quando è rispettato il requisito della convivenza?

Un gentile Lettore ha sollevato un interessante quesito:

Buongiorno, avrei bisogno di delucidazioni relative alla richiesta di residenza per beneficiare del congedo straordinario. Attualmente, abito nello stesso stabile della persona a cui presto assistenza, ma in due appartamenti separati, con entrate distinte (anche se comunicanti) ed indirizzo differente. È necessario che cambi la residenza? Grazie mille.”

Il presupposto fondamentale per usufruire del congedo straordinario è la convivenza con il disabile grave che si deve accudire. Tale requisito è rispettato quando c’è coincidenza tra la residenza anagrafica e convivenza, cioè la coabitazione.

Il D.Lgs. n.119 del 2011, infatti, stabilisce che è necessaria la convivenza per il coniuge o l’unito civilmente, i figli, i fratelli o le sorelle, i parenti o affini entro il terzo grado; non è, invece, richiesta per i genitori (anche adottivi) dei figli con disabilità grave. Nel 2018, la Corte Costituzionale ha deciso che, qualora il figlio non conviva ancora con il genitore disabile grave, può comunque presentare richiesta per il congedo straordinario, ma è obbligato ad instaurarla prima dell’effettiva fruizione dello stesso.

Cosa si intende per coabitazione ai fini del congedo straordinario?

Il presupposto della convivenza sussiste quando vi è coabitazione tra disabile e caregiver. Questa circostanza, tuttavia, deve essere dimostrata attraverso dichiarazione sostitutiva ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. 445/2000.

Anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite la Lettera circolare n. 3884 del 18 febbraio 2010, ha sottolineato che la residenza nello stesso edificio, anche se in interni diversi, non ostacola in alcun modo l’effettività e la continuità dell’assistenza al disabile. Il concetto di convivenza, dunque, va inteso in senso più ampio rispetto alla semplice coabitazione; comprende, infatti, tutte quelle ipotesi in cui, sia il disabile sia il familiare che lo assiste hanno la residenza nello stesso Comune e allo stesso indirizzo (inteso quale stesso numero civico, anche se in interni differenti).

Questa posizione è stata, poi, recepita dall’INPS, nel Messaggio n. 6512 del 4 marzo 2010. L’Ente previdenziale, infatti, ha ribadito che la verifica del requisito della convivenza va compiuta, caso per caso, tenendo conto solo della residenza nello stesso stabile, presso lo stesso numero civico, e non anche nel medesimo appartamento.

Ulteriori chiarimenti

Il provvedimento del Ministero è vincolante per i lavoratori sia del settore pubblico sia del settore privato. Secondo la Circolare INPS n.32 del 6 marzo 2012 e quella del Dipartimento della Funzione Pubblica n.1 del 3 febbraio 2012, per tutelare i diritti del disabile e del suo caregiver, il presupposto della convivenza, ai fini del congedo straordinario, sussiste anche nel caso di dimora temporanea. Sarà compito, dunque, delle amministrazioni controllarne la regolarità, ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. 445/2000.

L’INPS, poi, ha specificato che la validità della convivenza va accertata. A tal fine, però, è necessario che l’interessato fornisca i dati fondamentali riguardanti la residenza anagrafica o la dimora temporanea. Quest’ultima, quindi, va chiesta prima della presentazione dell’istanza di congedo straordinario.

Che significa “dimora temporanea”?

Come va inteso il termine “dimora temporanea”? Esso indica la permanenza in un luogo solo per un determinato lasso di tempo ( ad esempio, per ragioni di studio, lavoro, salute, famiglia). La dimora, dunque, non deve essere abituale; in questo caso, infatti, l’interessato dovrebbe stabilire in quel posto la residenza. Chi soggiorna da almeno 4 mesi in un certo territorio comunale, ma non può ancora trasferirvi la residenza (né per se stesso né per i componenti della propria famiglia), può presentare richiesta per l’iscrizione nello Schedario della popolazione temporanea. L’iscrizione interviene a domanda dell’interessato oppure d’ufficio.

Di solito, se il soggiorno nel Comune è maggiore di 12 mesi, il cittadino non viene più considerato temporaneo e, quindi, deve richiedere l’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente. In mancanza di un’istanza spontanea, si provvede d’ufficio. La registrazione nello Schedario della popolazione temporanea esclude il rilascio di certificazioni anagrafiche. È, infatti, previsto il rilascio solo di un attestato che accerti l’avvenuta iscrizione.

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