Assegno unico non versato ai residenti all’estero: è violazione delle norme UE? Ecco cosa potrebbe succedere

L’assegno unico e universale è una importante novità varata negli ultimi mesi, ed è rivolta alla semplificazione delle misure in supporto della natalità e genitorialità. Tuttavia le sue norme non sono esenti da ‘punti deboli’. Ecco perché

In questi mesi l’assegno unico e universale per figli a carico ha rappresentato e sta rappresentando una misura in qualche modo rivoluzionaria per tutto l’assetto delle agevolazioni e benefici a favore della famiglia e della natalità.

assegno unico
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Grazie a questo contributo, infatti, oggi il sistema è razionalizzato e semplificato, anche se ciò non toglie che restino alcuni elementi della normativa, che meritano di essere chiariti.

In particolare, la questione è se detto assegno unico debba essere riconosciuto anche ai residenti all’estero: ebbene, presso la Commissione Affari Sociali della Camera e la Commissione Lavoro del Senato ci si è posti la domanda, anche in considerazione del fatto che dire no al diritto all’assegno unico agli italiani residenti all’estero potrebbe rappresentare una violazione del diritto comunitario. Analoghe considerazioni valgono per i cittadini residenti nel nostro paese, ma con nucleo familiare residente in un paese straniero.

Ecco perché in proposito sono state fatte recentemente due interrogazioni parlamentari, indirizzate al Ministero del Lavoro. Esse hanno appunto ad oggetto i criteri di concessione dell’assegno unico e universale. Vediamo più da vicino.

Assegno unico: cos’è in sintesi

Dal primo marzo del 2022 l’assegno al nucleo familiare e le detrazioni per figli a carico di età al di sotto dei 21 anni sono stati cancellati e sono stati sostituiti dall’assegno unico universale.

Detto contributo vale a partire dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età del figlio, ed è senza limiti di età per i figli disabili. Si chiama ‘universale’ perché è garantito in misura minima a tutte le famiglie con figli a carico, ed è detto ‘unico’ perché assorbe dal mese di marzo le altre misure a sostegno della famiglia, come il bonus premio alla nascita o all’adozione, l’assegno di natalità (bonus bebè), l’assegno al nucleo familiare con almeno 3 figli, gli assegni familiari e le detrazioni fiscali per figli fino all’età dei 21 anni. Permane invece il bonus asilo nido.

Per accedere alla nuova misura di sostegno alla natalità e genitorialità occorre tuttavia il possesso del requisito della:

  • residenza in Italia,
  • con conseguente esclusione di migliaia di contribuenti italiani residenti all’estero, che in passato hanno invece incassato gli ANF e le detrazioni fiscali.

Proprio questo, negli ultimi giorni, ha creato argomento di discussione in ambito parlamentare.

Assegno unico con esclusione residenti all’estero: è violazione del diritto comunitario?

Secondo quanto emerso nelle interrogazioni parlamentari rivolte al Ministero del Lavoro,
detto ‘taglio’ andrebbe contro i principi essenziali del diritto comunitario. In particolare, per quanto attiene agli italiani residenti all’estero e nell’ambito dell’Unione europea, la norma italiana sull’assegno unico contrasterebbe con l’art. 7 del regolamento n. 883 del 2004, recante il titolo “Abolizione delle clausole di residenza“.

Proprio questo articolo indica che: “le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri non possono essere soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice“. Si tratta di parole che chiariscono benissimo qual è il punto di vista delle istituzioni comunitarie sull’argomento.

Analogamente, in riferimento a coloro che risiedono nel nostro paese, ma hanno a proprio carico familiari residenti fuori Italia, l’art. 67 del citato regolamento comunitario assegna il diritto alle prestazioni a sostegno della famiglia:

  • a favore dei familiari che risiedono in uno Stato membro differente da quello competente a versare dette prestazioni,
  • come se risiedessero in quest’ultimo Stato membro.

Alla luce di quanto dice il regolamento richiamato, ecco il perché delle ragioni delle recenti interrogazioni parlamentari. Le norme sull’assegno unico e universale vanno in un’altra direzione rispetto a quanto stabilito in ambito dell’Unione Europea. Anzi nel nostro meccanismo del beneficio i figli residenti in un paese straniero – non convivendo con il richiedente – non fanno parte dell’identico nucleo familiare ai fini ISEE. Conseguentemente non rilevano ai fini dell’attribuzione del contributo.

Assegno unico: le regole potrebbero cambiare?

Negli ambienti della politica interna sta emergendo l’ipotesi di riconoscere l’assegno unico e universale almeno ai cittadini italiani che vivono in un paese straniero. Essi però debbono pagare le imposte sul reddito in Italia e non debbono essere percettori di identiche prestazioni in un paese straniero.

In alternativa, c’è chi propone quanto meno di ripristinare gli ANF e le detrazioni per i figli a carico di età al di sotto dei 21 anni. Ciò al fine di mettere una pezza ad alcune norme che ultimamente sono finite nel mirino di chi ne ha rilevato un contrasto con le regole UE. Attendiamo a questo punto i prossimi sviluppi e se, e in che modo, l’Esecutivo agirà per porre un rimedio alla questione.

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