Trasferimento per legge 104: attenzione perchè quest’azione può danneggiarti

Scopri se hai diritto al trasferimento del caregiver. Sei un lavoratore dipendente in una città lontana dalla tua famiglia? Un tuo parente è solo e disabile e ha bisogno di assistenza?

In quanto caregiver, hai un diritto al trasferimento in una sede lavorativa più vicina alla tua residenza. Per esercitare di tale diritto, tuttavia, devono sussistere determinate condizioni.

Trasferimento con legge 104
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Trasferimento con legge 104: ecco cosa prevede la normativa

La legge 5 febbraio 1992 n. 104 è la normativa di riferimento in tema di salvaguardia dei diritti delle persone disabili e predispone delle misure dirette a garantire l’integrazione sociale ed il rispetto della dignità umana di tale categoria di soggetti. In che modo? Attraverso la definizione di una serie di agevolazioni, come vantaggi in ambito lavorativo e fiscale.

Tra le agevolazioni lavorative, l’art. 33 della legge n. 104/1992, prevede il diritto per il caregiver (colui che assiste un coniuge, parente o affine entro il secondo grado in condizioni di gravità) lavoratore dipendente, pubblico o privato, di beneficiare di tre giorni di permesso mensile retribuito, anche in maniera continuativa. In relazione a tale possibilità, il comma 5 dell’arte 33 cit., sancisce il diritto del lavoratore di “scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio”.

Di recente, però, la giurisprudenza ha stabilito delle condizioni più restrittive per la richiesta del trasferimento. La Cassazione, con sentenza Sezione Lavoro n. 26603/2019, ha statuito la possibilità per il caregiver di ottenere il trasferimento in una sede di lavoro più vicina solo a condizione che dimostri di avere già prestato assistenza in passato.

Le agevolazioni lavorative e il trasferimento del caregiver

L’art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992 sancisce il diritto del lavoratore di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e l’impossibilità di essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso. Tale vantaggio riguarda non solo la fase iniziale del rapporto di lavoro (quella della scelta della sede) ma tutta la sua durata, tramite la richiesta di trasferimento.

Questo strumento, purtroppo, è stato, più volte, utilizzato in maniera sconsiderata, spingendo i giudici a predisporre delle limitazioni e dei precisi requisiti. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha stabilito che, ai fini della valutazione del diritto del caregiver al trasferimento in una sede più vicina alla propria residenza, è necessario valutarne la condotta antecedente. In questo modo, infatti, si comprenderebbe con maggiore certezza se la richiesta sia dettata dalla reale necessità di assistenza o se sia solo un modo per eludere la legge.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 26603 del 18 ottobre 2019, ha sancito che, affinché operi il diritto al trasferimento del caregiver, è necessario valutare dei parametri attestanti l’autentica necessità di soccorso al familiare handicappato. Quali sono questi parametri? Bisognerebbe esaminare, per esempio, se il richiedente si sia mai avvalso di qualche agevolazione prevista dalla legge 104, come la fruizione dei tre giorni di congedo mensile.

Qualora dagli accertamenti emerga che la richiesta di trasferimento non è mirata all’assistenza, il datore può respingerla.

Gli Ermellini, infine, hanno sottolineato che il diritto del lavoratore deve essere sempre contemperato alle esigenze del datore di lavoro. Sarà, dunque, concesso solo se ci siano, effettivamente, delle sedi più vicine al luogo indicato.

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