“Mamma, siamo in Guerra?”, come spiegare ai bambini il conflitto Russia Ucraina

Se i bambini ci chiedono “siamo in guerra?”, possiamo spiegare loro la verità senza provocare traumi. Ecco cosa consigliano gli esperti.

siamo in guerra
Fonte: Pinterest

In questi giorni, inevitabilmente, i canali di comunicazione non fanno che parlare del conflitto tra Russia e Ucraina. Anche per noi adulti, già provati da due anni molto difficili, è complicato cercare di mantenere la serenità, la speranza che tutto si risolva senza il sacrificio di vittime umane innocenti. Il pensiero va, ancor prima che alle implicazioni economiche, alle persone che stanno scappando, a chi si è trovato da un giorno all’altro sotto le bombe.

I nostri figli, anche quelli più piccoli, non rimangono certo indifferenti. Lo sentono subito, quando c’è qualcosa che non va. E la loro arma, per sentirsi più al sicuro, è quella di fare domande a mamma e papà. Il loro candore, però, a volte è spiazzante. E di fronte a domande del tipo se è vero che ci bombarderanno, se è vero che il papà dovrà partire per la guerra, se è vero che potremmo perdere tutto, è comprensibile avere un momento di difficoltà, e non sapere cosa rispondere. L’istinto di protezione nei loro confronti potrebbe spingere a “mentire”, ad affermare che “tutto andrà bene”, ma gli psicologi consigliano di essere sinceri. E di spiegare, naturalmente nel modo corretto, la verità, e ciò che sta accadendo in questo momento.

“Siamo in guerra?” Cosa rispondere se i nostri figli ci fanno domande difficili

Anche se condividere la cena tutti insieme, magari davanti alla televisione, è una pratica comune e sana, in questo periodo può essere difficile “tenere al riparo” i bambini da certe notizie. Naturalmente esiste sempre un po’ di “censura”, e gli adulti sanno bene quando è il caso di far partecipare i piccoli – a seconda dell’età – ai programmi in onda. Il primo consiglio che arriva da pediatri ed esperti in pedagogia, però, è quello di non eludere completamente l’argomento. i bambini e i ragazzi sentono parlare della guerra e di ciò che accade anche fuori. La migliore cosa che si possa fare è ascoltare le loro eventuali domande. Prima di parlare, chiedere come si sentono, e cosa ne pensano loro. Questo li farà già sentire sollevati, perché buttano fuori le emozioni, sia quelle belle che quelle brutte.

Ricordiamoci che i bambini hanno una purezza innata e una “luce” interiore che, spesso, rincuora proprio gli adulti, che nel tempo hanno dovuto “indurirsi” per superare meglio le difficoltà. Il consiglio degli esperti è proprio quello di far capire ai bambini che sì, la guerra è brutta e possono accadere cose molto spiacevoli, ma che alla fine sono l’amore e l’umanità quelle che vincono. E che la vita trova sempre il modo di andare avanti. A questo proposito, gli psicologi consigliano anche di leggere libri o di guardare dei film, adatti all’età del bambino in quel momento – dove si parla proprio della guerra, così che non avvertano il peso che tutto quello che sta succedendo sta capitando solamente a loro.

Libri, film e disegni come auto-terapia

Ecco che con un po’ di pazienza e senza arrovellarsi troppo, ci arrivano in soccorso letteratura e arte. Se il dialogo si fa complicato, si può ricorrere ad un disegno, magari fatto insieme e poi da portare a scuola. Altro luogo dove sicuramente i bambini riceveranno l’adeguato supporto. E riguardo alle letture, cito il passo di un bellissimo romanzo, “L’Ombra del Vento” di Carlos Ruiz Zafón, ambientato proprio nel secondo dopoguerra, nel quale un padre (che deve crescere il figlio da solo dopo aver perso la moglie), deve confrontarsi con lui sul tema della Guerra.

“Mio padre mi guardò con l’aria di chi si domanda se è lui a invecchiare prima del tempo o se è il suo bambino a crescere troppo in fretta. Decisi di cambiare discorso, e l’unico argomento che mi venne in mente fu quello che mi rodeva dentro. «È vero che durante la Guerra portavano la gente al castello di Montjuic e poi non se ne sapeva più nulla?» «Te l’ha detto Barcelò?» «No, Tomàs Aguilar. Ogni tanto a scuola racconta delle strane storie»

Mio padre annuì lentamente. «In tempo di guerra accadono cose orribili, Daniel, molto difficili da spiegare. Spesso neppure io so cosa significano davvero. A volte è meglio non rinvangare il passato» Sospirò e finì la minestra di malavoglia. Io lo osservavo in silenzio. «Prima di morire, tua madre mi ha fatto promettere che non ti avrei mai parlato della guerra. Dovevo far sì che tu non ricordassi nulla di quanto accaduto» Non sapevo cosa dire.

Lo vidi alzare gli occhi al cielo come se cercasse qualcosa nell’aria, uno sguardo o, chissà, un silenzio di mia madre a conferma delle sue parole. «Forse h sbagliato a farle quella promessa. Non so» «Non importa papà»

Ecco, leggere insieme un libro, un racconto, una favola, permette di condividere le emozioni, anche quelle più tristi, e di non sentirsi soli. Parlare di argomenti così delicati si può rivelare anche un’occasione per insegnare ai propri figli quei valori fondamentali del rispetto, dell’empatia e dell’amore verso gli altri che, in tempi più “leggeri” potrebbero essere sottovalutati. Anche i silenzi vanno bene, e con la conferma degli esperti possiamo concludere affermando senza dubbio che un abbraccio è una delle migliori medicine che si possano usare in momenti come questi.

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