Ricevere un rimborso dal modello 730 quando non si ha un datore di lavoro o un ente pensionistico può trasformarsi in un’attesa più lunga del previsto.
L’Agenzia delle Entrate eroga direttamente le somme, ma i controlli preventivi e l’ordine cronologico di invio incidono fortemente sulle tempistiche.

Il nuovo modello 730, ormai utilizzato anche dai contribuenti senza sostituto d’imposta, si intreccia con la dichiarazione precompilata, con le singole scelte del contribuente e con il funzionamento dei rimborsi erogati direttamente dall’Agenzia.
Quando il rimborso del 730 arriva dall’Agenzia: cosa sapere davvero
Negli ultimi anni il modello 730 ha assunto il ruolo di dichiarazione “universale” per la maggior parte dei contribuenti, con l’unica eccezione di coloro che possiedono una partita Iva. Questa evoluzione, insieme all’estensione della precompilata, ha portato molti più cittadini a presentare il 730 senza sostituto d’imposta, dai beneficiari di plusvalenze finanziarie ai titolari di redditi esteri, fino agli eredi che devono completare gli obblighi dichiarativi per un familiare deceduto.
Quando il contribuente non ha un datore di lavoro o un ente pensionistico in grado di effettuare il conguaglio, il rimborso viene erogato direttamente dall’Agenzia delle Entrate. Il credito derivante dalla dichiarazione può essere utilizzato in compensazione, ad esempio per ridurre acconti o tributi tramite F24; solo la parte residua viene materialmente pagata.
Le tempistiche diventano più lunghe rispetto a chi riceve l’accredito in busta paga. La data di invio del modello pesa molto: chi presenta la dichiarazione nelle prime settimane di disponibilità della precompilata vede generalmente un’elaborazione più rapida rispetto a chi attende la scadenza del 30 settembre. A ciò si sommano i normali tempi di lavorazione e la verifica della disponibilità dei fondi pubblici.
L’Agenzia può effettuare verifiche sia quando il credito supera i 4.000 euro sia quando emergono elementi di incoerenza. Le incongruenze possono riguardare dati discordanti rispetto ai versamenti, alle certificazioni uniche o alle dichiarazioni dell’anno precedente, così come variazioni significative inserite rispetto alla precompilata. Anche la presenza di situazioni di rischio, basate su irregolarità o rettifiche passate, può determinare un rallentamento dell’accredito.
Queste attività ispettive, disciplinate dalla normativa vigente, rappresentano una delle ragioni per cui il rimborso può arrivare molto più tardi del previsto. In alcuni casi, infatti, l’Agenzia eroga materialmente il pagamento anche nell’anno successivo, nonostante il diritto al credito sia già stato riconosciuto. Il contribuente che ha presentato correttamente la dichiarazione, non dovrà preoccuparsi per i controllo dell’Agenzia delle Entrate.





