Dal mese di gennaio alcuni pensionati riceveranno un incremento sulle prestazioni previdenziali. A cosa è dovuta la modifica?
Le pensioni vengono costantemente adeguate all’andamento del tasso di inflazione registrato dall’ISTAT. Tale meccanismo, che prende il nome di perequazione, anche nel 2026 porterà a una variazione dell’ammontare delle prestazioni.
Secondo le stime, il prossimo anno i contribuenti potranno contare su un aumento più significativo rispetto a quello del 2025. Gli ultimi dati registrati nel mese di agosto, infatti, mostravano un’inflazione pari all’1,7%, che potrebbe arrivare al 2,5%. Da gennaio, dunque, l’adeguamento potrebbe essere davvero significativo per tantissimi pensionati. Ma in che modo avviene la rivalutazione? Al riguardo sono intervenute delle importanti modifiche, analizziamole e scopriamo di quanto aumenteranno gli assegni nel prossimo anno.
Dal gennaio 2026 le pensioni saliranno per effetto della perequazione. I benefici, questa volta, saranno decisamente più evidenti rispetto allo scorso anno, quando la rivalutazione ha portato un incremento solo di qualche euro, visto che l’inflazione relativa al 2024 è stata dello 0,8% (corretta successivamente all’1%).
Nel 2025, invece, la situazione sembrerebbe differente; ad agosto l’ISTAT ha registrato un tasso dell’1,7% e le previsioni rivelano che il valore potrebbe raggiungere il 2,5%. Questo significa che un pensionato che percepisce un assegno di 1.000 euro al mese, dal prossimo anno, potrebbe ottenerne uno di circa 1.025 euro, per un aumento medio annuo superiore a 300 euro. Non tutti, però, avranno diritto all’aumento in misura totale. La perequazione al 100% spetterà soltanto agli assegni previdenziali di ammontare fino a 4 volte il trattamento minimo INPS (ossia 2.466,68 euro). L’aumento, poi, scenderà al 90% per le pensioni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (tra 2.466,68 e 3.083,35 euro) e al 75% per quelle superiori a 5 volte il minimo INPS.
Questo meccanismo è stato sperimentato nel 2025 e ha sostituito quello precedente a fasce non progressive, che penalizzava eccessivamente gli assegni più elevati perché applicava le aliquote sull’intero ammontare dell’assegno, secondo scaglioni con percentuali decrescenti (dal 100% al 22%). Più volte è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale, ma la Consulta deve ancora pronunciarsi su alcuni ricorsi. Il nuovo meccanismo, invece, è progressivo, con l’adeguamento che riguarda soltanto la quota di pensione compresa in ogni fascia. Per tale motivo, dal prossimo anno, migliaia di pensionati potrebbero realmente beneficiare dell’adeguamento al tasso di inflazione e ottenere un incremento significativo sulla prestazione spettante.
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