L’Agenzia delle Entrate è stata condannata alla restituzione di una parte dei soldi trattenuti dalla buonuscita di un pensionato.
Tutti i lavoratori dipendenti maturano, ogni mese, il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), detto anche “liquidazione” o “buonuscita“. Il totale accumulato viene pagato al momento della cessazione del rapporto lavorativo (a prescindere dalle cause dell’interruzione). Tale somma, dunque, costituisce un pagamento differito di una parte della retribuzione accantonata.

Proprio perché è un’erogazione differita nel tempo, la tassazione applicata al TFR non è quella ordinaria; non sarebbe equo adottare alle quote di retribuzione maturate anni prima le aliquote IRPEF in vigore al momento del pagamento. Di recente, è intervenuta una rivoluzionaria sentenza che ha condannato l’Agenzia delle Entrate alla restituzione delle trattenute IRPEF compiute sull’indennità di buonuscita di un lavoratore pubblico. Esaminiamo la vicenda e i suoi risvolti nel dettaglio.
Trattenute IRPEF sulla buonuscita: per i giudici non ci sono dubbi, alcune sono illegittime
La Corte di Giustizia Tributaria di Perugia, con la sentenza n. 340/2025, ha accolto il ricorso presentato da un pensionato contro l’Agenzia delle Entrate, avente a oggetto delle trattenute IRPEF effettuate sulla buonuscita pagata dall’INPS. Si tratta di una decisione che potrebbe avere delle conseguenze fondamentali e creare un precedente.

La vicenda riguarda un lavoratore dipendente collocato a riposo che, a maggio 2024, aveva presentato richiesta per il rimborso delle trattenute IRPEF sulla buonuscita. Il pensionato riteneva che il Fisco avesse incluso, in maniera illegittima, nella determinazione dell’onere anche la quota previdenziale a carico del lavoratore. In seguito al silenzio da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’interessato ha deciso di proporre ricorso alla Corte Tributaria, che ha accolto la sua istanza.
I giudici hanno disposto il rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate di tutte le trattenute, con il riconoscimento degli interessi e la rivalutazione monetaria, ed è stata ordinata la compensazione delle spese processuali. Ma per quale motivo è stata presa questa decisione? La Corte ha ammesso il ricorso perché le ritenute sono state compiute in violazione delle leggi in materia, perché non può essere tassata anche la quota di contribuzione previdenziale versata dal dipendente, sulla base anche di quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27341 del 2024.
Ricordiamo che il TFR è soggetto a tassazione separata, cioè all’applicazione di un’aliquota media, determinata in base agli anni di maturazione della somma spettante. Si tratta di un metodo più favorevole per il beneficiario, perché l’imposta IRPEF risultante sarà inferiore rispetto a quella determinata secondo le aliquote ordinarie.