Ricalcolo della pensione anticipata al conseguimento dell’età pensionabile, due sentenze hanno aperto una porta per un trattamento più equo e aderente alla reale vita lavorativa di ciascun contribuente.
Una prospettiva che apre la porta a un trattamento più equo e aderente alla reale storia lavorativa di ciascun contribuente.
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha introdotto importanti novità per migliaia di pensionati italiani, soprattutto per chi è andato in pensione anticipata nel 2021. In quest’articolo esaminiamo se esistono margini per ottenere un ricalcolo dell’assegno previdenziale. La risposta arriva proprio dalle aule della Suprema Corte, che in due sentenze distinte ha aperto a nuove possibilità in materia di “neutralizzazione dei contributi”.
Fino a poco tempo fa, la neutralizzazione (ovvero la possibilità di escludere dal calcolo pensionistico i periodi contributivi meno favorevoli) era un’opzione riservata solo a chi presentava domanda di pensione. Ma con l’ordinanza n. 30803/2024, depositata il 2 dicembre, la Cassazione ha ribaltato l’approccio. Si legge nell’ordinanza che anche chi è già in pensione, al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, può chiedere che vengano esclusi dal calcolo gli ultimi anni lavorativi, se questi risultano penalizzanti.
Il principio giuridico alla base di questa innovazione si fonda sull’articolo 22, comma 5, della legge 153 del 1969, secondo cui la pensione di anzianità, al compimento dell’età per la vecchiaia, si equipara a tutti gli effetti a quest’ultima. Tradotto: le stesse regole che si applicano alla pensione di vecchiaia valgono anche per chi è già titolare di una pensione anticipata, compresa quella relativa alla neutralizzazione dei contributi.
Tuttavia, c’è un punto chiave che va chiarito: per poter beneficiare di questa opzione, i contributi da neutralizzare devono essere valorizzati con il sistema retributivo e ricadere negli ultimi cinque anni di lavoro. Qui nasce un potenziale limite per chi, è andato in pensione nel 2021. Dal 2012, infatti, il sistema pensionistico italiano ha adottato il metodo contributivo integrale per tutti i lavoratori, rendendo sempre più rara la presenza di contributi calcolati con il sistema retributivo negli anni finali della carriera.
Pertanto, la valutazione si deve effettuare caso per caso. Se, per ipotesi, un lavorate che è in pensione anticipata dal 2021, avesse ancora nei suoi ultimi cinque anni di attività contributi retributivi sfavorevoli, potrà chiedere la neutralizzazione al compimento dei 67 anni. In quel momento, scatterà formalmente l’equiparazione tra pensione anticipata e pensione di vecchiaia, rendendo possibile la richiesta di ricalcolo. In assenza di contributi retributivi negli ultimi cinque anni, però, questa strada si chiuderebbe.
Questa apertura della Cassazione rappresenta comunque una svolta rilevante. È la prima volta, infatti, che si riconosce in via giurisprudenziale il diritto alla neutralizzazione anche post factum, offrendo una seconda possibilità ai pensionati, non più vincolati alla tempistica della domanda iniziale. Il principio affermato nella sentenza del 2 dicembre si inserisce in un contesto più ampio, già anticipato da una precedente pronuncia della Cassazione, che aveva stabilito la possibilità di escludere i contributi sfavorevoli al momento della richiesta di pensione. Inoltre, l’ordinanza 30803/2024 consente di farlo anche dopo, rendendo il sistema più flessibile e, soprattutto, più giusto.
Chi è già in pensione anticipata, potrà valutare, una volta raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia, se i propri contributi finali rientrano tra quelli che la Cassazione consente di neutralizzare. Una prospettiva che apre la porta a un trattamento più equo e aderente alla reale storia lavorativa di ciascun contribuente.
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