Legge 104, il datore di lavoro ha diritto a controllare il suo dipendente?
Una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Venezia ha ribadito i diritti fondamentali dei lavoratori che usufruiscono dei permessi relativi alla Legge 104. Il caso ha coinvolto un di una nota azienda italiana, licenziato lo scorso luglio dopo essere stato accusato di un uso improprio dei giorni di permesso.

Al centro della controversia legale, l’utilizzo di un dispositivo GPS istallato senza alcun preavviso sull’auto aziendale, impiegato per monitorare gli spostamenti del dipendente durante le ore di assenza giustificata, come previsto dalla Legge 104.
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Il giudice chiamato a pronunciarsi sulla questione ha ritenuto la condotta gravemente lesiva dei diritti del lavoratore, giudicando inammissibile il ricorso a strumenti invasivi in assenza di un giustificato motivo e senza il rispetto delle normative della privacy.
Stando a quanto accertato in sede giudiziaria, l’azienda aveva incaricato un’agenzia investigativa privata di sorvegliare il dipendente. Quest’ultimo era infatti sospettato di un utilizzo scorretto dei permessi ex Legge 104. L’agenzia ha raccolto informazioni attraverso il tracciamento GPS, evidenziando che il lavoratore, in alcune fasce orarie, non si trovava presso il domicilio della madre disabile destinataria dell’assistenza.

Il Tribunale di Venezia ha stabilito che le modalità di controllo utilizzate dall’azienda sono state una grande violazione dei diritti alla riservatezza e alla dignità della persona. Nella sentenza viene sottolineato che il lavoratore, definito “affidabile e diligente, mai attinto da sanzioni disciplinari”, non può essere licenziato sulla base di un’indagine condotta in maniera illecita. Il monitoraggio, in quanto sproporzionato e non comunicato, è stato ritenuto illegittimo.
Il dipendente ha poi dimostrato, con documenti e testimonianze, che durante i giorni contestati dal datore di lavoro, si era dedicato a interventi mirati a garantire maggiore sicurezza e vivibilità alla casa della madre, tra questi troviamo l’installazione di una grata e l’adattamento degli spazi per la sorella affetta da sclerosi multipla.
Queste attività sono state considerate pienamente coerenti con le finalità dei permessi 104, che non richiedono una presenza fissa presso l’abitazione dell’assistito, ma un’assistenza indiretta e organizzativa.
La decisione del giudice ha quindi annullato il licenziamento, ordinando il reintegro del lavoratore e il pagamento delle mensilità arretrate dal 3 luglio 2024. Al datore è stato inoltre imposto il rimborso di 7.000 euro per le spese legali, a conferma della gravità della condotta e della necessità di tutelare il diritto all’assistenza familiare e alla privacy sul lavoro.