Conflitto in Medio Oriente, se dovesse scoppiare la guerra queste sono le professioni che interessano maggiormente la chiamata alle armi.
In Italia, la mobilitazione militare interessa tradizionalmente i militari in servizio attivo e i riservisti. Tuttavia, la realtà odierna evidenzia l’esigenza di reclutare anche altre categorie professionali che potrebbero rivelarsi utili in scenari di emergenza o conflitto.

Le recenti dinamiche geopolitiche, tra tutte la crisi in Medio Oriente, impongono una riflessione più ampia sul ruolo di alcune figure professionali nel sistema di difesa nazionale. La mobilitazione si estende oltre il solo ambito delle forze armante, andando a includere professionisti che, per competenze tecniche o strategiche, possono essere chiamati a supporto di operazioni civili o militari.
Italia in guerra, quali professionisti rischiano di diventare reclute
Servire militarmente il proprio paese è un onore e un dovere che non sempre viene scelto. Anche chi non ha intrapreso una carriera militare potrebbe doversi unire in un ipotetico conflitto. Oltre ai militari e ai riservisti, infatti, alcune professioni civili potrebbero essere potenzialmente soggette a mobilitazione in caso di necessità.

Tale ampliamento è disciplinato dal Codice dell’Ordinamento Militare (Decreto legislativo 15 marzo 2020, n. 66), nel quale viene stabilita la procedura per il richiamo in servizio dei militari in riserva. Questo codice si affianca anche a normative civili come la Legge n. 225/1992, che istituisce il Sistema di Protezione Civile e prevede forme di mobilitazione per il personale tecnico e sanitario in caso di emergenze nazionali.
Tra queste, assumono particolare rilevanza gli operatori sanitari, gli ingegneri, i tecnici delle telecomunicazioni e i professioni dell’informatica. Si tratta di figure fondamentali per il funzionamento delle infrastrtutture critiche e il supporto operativo in situazioni di crisi.
In particolar modo, gli operatori sanitari svolgono un ruolo chiave in scenari di emergenza. Sono tra i primi a intervenire in contesti di guerra, calamità naturali o crisi umanitarie. La loro possibile mobilitazione ha anche un fondamento normativo, rintracciabile con il Decreto Legislativo n. 81/2015, che prevede specifiche misure in situazioni di emergenza per garantire il coordinamento delle attività sanitarie e la tutela degli operatori.
Allo stesso modo, gli ingegneri civili e i tecnici specializzati potrebbero essere chiamati per la gestione e la riparazione di infrastrutture strategiche, come ponti, dighe e reti energetiche, essenziali per la continuità del paese in caso di crisi.
Tra i ruoli più strategici troviamo quelli dei professionisti dell’informatica e delle telecomunicazioni. Questi si rivelano particolarmente essenziali in un contesto in cui la difesa cibernetica rappresenta una frontiera critica per la sicurezza naturale. La mobilitazione di questi professionisti è prevista nei piani di sicurezza nazionale e nel contesto delle strategie di cybersecurity coordinate dall’Agenzia per la Cybersecurity Nazionale, per garantire la protezione delle reti e dei sistemi informativi essenziali.
Tra gli altri settori coinvolti in una possibile mobilitazione nazionale troviamo la logistica e i trasporti, nonché alcuni funzionari pubblici che, in caso di mobilitazione, svolgono funzioni di coordinamento tra enti civili e militari. Queste misure sono definite all’interno del Piano Nazionale di Mobilitazione, documento elaborato dal Ministero della Difesa in collaborazione con altri ministeri, che identifica le categorie professionali strategiche e ne regola il richiamo in base alle necessità operative.
La normativa italiana prevede delle garanzie per i lavoratori richiamati, inclusi diritti di reinserimento, forme di compensazione economica e modalità di comunicazione obbligatorie, con l’obiettivo di tutelare i diritti civili ed economici dei cittadini.