Il finanziamento con la cessione del quinto dello stipendio o pensione, permette di ottenere liquidità e la finanziaria potrà prelevare direttamente dallo stipendio o pensione la quota da restituire mensilmente.
Il caso che esaminiamo in quest’articolo riguarda una recente decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario che ha permesso al dipendente (ricorrente) il rimborso di 1.991,47 euro, inclusi 136.06 euro per la commissione di estinzione e 200 euro per le spese legali.

Anche se il ricorrente, come si evidenzia dalla decisione dell’ABF, aveva firmato una dichiarazione di rinuncia per qualsiasi rimborso o causa.
Finanziamento (quinto dello stipendio o pensione) estinto in anticipo: quando hai diritto al rimborso
La decisione dell’ABF, Collegio di Coordinamento, numero 4580 del 12 maggio 2025 riporta il caso di un cliente che aveva sottoscritto un contratto di cessione del quinto dello stipendio il 24 febbraio 2016, ma ha deciso di estinguerlo in anticipo il 31 dicembre 2019. Dopo vari tentativi andati a vuoto con la finanziaria, ha presentato un reclamo all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per ottenere il rimborso delle spese non maturate, cioè quelle pagate ma non effettivamente godute a causa della chiusura anticipata del prestito. L’importo richiesto dal cliente era di 1.991,47 euro, inclusi 136,06 euro per la commissione di estinzione e 200 euro per le spese legali.

Però la finanziaria, ha fatto subito opposizione, sostenendo che il cliente non ha più diritto a nulla perché ha firmato una dichiarazione, dopo aver ricevuto 427,33 euro, in cui rinunciava a qualsiasi altro rimborso o causa. A sostegno di questa posizione, ha allegato copia del documento firmato nel 2021, ben due anni dopo la chiusura del prestito.
A questo punto, vista la complessità del caso e i diversi pareri espressi in casi simili da altri Collegi territoriali, il Collegio di Napoli ha chiesto un parere al Collegio di Coordinamento.
Il Collegio ha chiarito che ogni dichiarazione firmata dal cliente, soprattutto se riguarda una rinuncia a ricevere altri soldi, va analizzata con attenzione. Non tutte le dichiarazioni valgono automaticamente come rinuncia definitiva e vincolante. Infatti, nel caso esaminato, la firma del cliente non è sufficiente per escludere il diritto al rimborso.
Una rinuncia per essere valida deve essere chiara e precisa, deve indicare esattamente a quali somme si rinuncia, con i relativi importi e motivazioni. Inoltre, deve esserci la prova che il cliente era pienamente consapevole di cosa stesse rinunciando. La dichiarazione allegata dalla finanziaria, è generica e mancano dei dati fondamentali, inoltre anche il fattore temporale è dubbio, in quanto arrivava a distanza di due anni dall’estinzione del prestito. Per questo motivo, il Collegio ha ritenuto che quella firma non impedisca al cliente di chiedere quanto gli spetta.
Rimborso interessi non goduti: la decisione della Corte
Secondo la legge e una nota sentenza della Corte di Giustizia dell’UE (la sentenza Lexitor), quando un finanziamento viene chiuso prima del previsto, il cliente ha diritto al rimborso di tutti i costi pagati in anticipo, proporzionalmente al tempo non goduto. Questo vale sia per i costi “ricorrenti” (come le spese di gestione periodica), sia per quelli “iniziali” (come le spese di istruttoria o mediazione).
Nel caso specifico, tutte le commissioni pagate risultano “ricorrenti”, anche quelle indicate come “non rimborsabili”, perché servivano a coprire operazioni collegate al prestito.