Quando il coniuge libero professionista con partita IVA si considera a carico? Ha diritto alla detrazione IRPEF? La legge non ammette dubbi.
Dalla compilazione della Dichiarazione dei Redditi potrebbe emergere il diritto ad ottenere un rimborso IRPEF, sulla base del conteggio delle spese affrontate e delle imposte versate.
Se il coniuge non lavora, per il Fisco è da considerare un familiare a carico ed possibile richiedere le detrazioni. È necessario, tuttavia, che il suo reddito non sia superiore a 2.840,51 euro all’anno.
Se, invece, il reddito supera tale importo, non può più essere ritenuto fiscalmente a carico e non possono essere ottenute le detrazioni.
Per determinare la soglia reddituale dei 2.840,51 euro, vengono presi in considerazione i seguenti elementi:
Attenzione, però, perché va considerato il reddito familiare e non quello personale e, nel dettaglio, il reddito totale lordo annuo di tutti i membri conviventi del nucleo interessato.
Un errore molto ricorrente è quello di pensare che il reddito di 2.840,51 euro sia netto. Per evitare problematiche, è opportuno controllare sempre la Certificazione Unica del coniuge e degli altri familiari a carico, perché su tale documento è specificato qual è il reddito lordo percepito nell’anno di riferimento.
La soglia di 2.840,51 euro vale anche nel caso in cui uno dei coniugi abbia aperto la partita IVA come libero professionista. Se, dunque, fattura un importo inferiore a tale cifra per tutto l’anno, l’altro coniuge ha diritto alla detrazione fiscale.
Per avere un’idea di quanto si può arrivare a guadagnare in un anno con la partita IVA, si può guardare alla fatturazione dei primi mesi e cercare di fare una stima delle entrate annue sulla base del fatturato mensile. Quest’elemento, infatti, può essere un valido indicatore e può consentire di capire, alla fine dell’anno, se c’è il rischio di superare il limite reddituale dei 2.840,51 euro, richiesto per il riconoscimento delle detrazioni per i familiari a carico per tutto il 2023.
È fondamentale evidenziare che, nel caso in cui dovesse essere superata tal soglia, il diritto alle detrazione per i familiari a carico viene meno per tutto l’anno e non solo per i mesi successivi. In altre parole, se il coniuge, per mezzo della partita IVA, guadagna più di 2.840,51 euro nel 2023, le detrazioni non spettano neanche per tutti gli altri mesi, per i quali i requisiti erano soddisfatti.
Allo stesso modo, non si può pretendere che il sostituto d’imposta paghi la detrazione 2023, perché c’è il pericolo di doverla restituire.
Il rimborso IRPEF viene accreditato direttamente in busta paga di luglio, per i lavoratori dipendenti oppure sul cedolino di agosto, per i pensionati.
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