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E se il Parkinson si sviluppasse per colpa di un normalissimo batterio? Lo studio finlandese

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Il Parkinson è da sempre conosciuta come malattia neurologica, ma la Scienza ancora non ne ha compreso del tutto i meccanismi.

Un recente studio, condotto da un team di ricercatori finlandesi, ha trovato uno spunto molto interessante: forse tra le altre cause che scatenano il Parkinson c’è di mezzo anche un batterio.

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La ricerca, che ovviamente non vuole essere esaustiva, apre però le porte a nuovi scenari, che di conseguenza servirebbero a trovare terapie migliori, e anche a lavorare meglio sulla prevenzione.

Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Neurology, nel 1990 al mondo si contavano “solamente” 2 milioni e mezzo di soggetti colpiti da Parkinson; nel 2016 siamo già saliti a 6 milioni e mezzo. Le prospettive sono quelle di un continuo aumento, anche perché la malattia si sviluppa non solo per cause genetiche ma anche per fattori ambientali.

Ed è proprio sui fattori ambientali che gli scienziati stanno lavorando ancora più celermente, per aumentare le possibilità terapiche, che al momento sono solo lenitive dei sintomi e non curative.

Tra i fattori ambientali troviamo, tra gli altri, l’invecchiamento della popolazione: sappiamo che il Parkinson si manifesta di più nelle persone anziane e over 60, ma non dimentichiamoci le ipotesi di maggiori rischi a causa di esposizioni a fattori inquinanti e/o sostanze tossiche. A questo proposito, sembra che anche i tumori al polmone siano in aumento, anche nelle persone che non fumano. Ecco allora cosa hanno ipotizzato gli scienziati finlandesi.

Il Parkinson può manifestarsi per colpa di un batterio? Lo studio ci dice come mai

Un team di ricercatori dell’Università di Helsinki e dell’Università della Finlandia orientale ha preso in esame alcuni studi recenti nei quali si evinceva una “strana correlazione” tra la presenza di batteri Desulfovibrio e l’aggravarsi dei pazienti malati di Parkinson.

Gli studiosi hanno usato dei vermi geneticamente modificati per confermare se davvero quei ceppi di batteri aumentassero i sintomi del Parkinson e se fossero davvero correlati all’insorgenza dei cambiamenti nel cervello che innescano la malattia.

Vengono presi in considerazione i fattori ambientali – e quindi anche il contatto con determinati batteri – perché sembra che le cause del Parkinson siano genetiche solamente nel 10-15% dei casi. Di conseguenza ci deve essere qualcos’altro che sta facendo aumentare l’incidenza a livello globale.

I risultati dell’esperimento effettuato sui vermi sono ovviamente solo all’inizio, ma ci fanno comprendere che serve un approccio multidirezionale per trovare cure e soluzioni ai problemi di salute che ci affliggono di più. Se ulteriori studi dovessero confermare questa teoria, si potrebbero ideare farmaci in grado di eliminare i batteri “colpevoli” e dunque fermare o almeno ridurre la sintomatologia del morbo di Parkinson.

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