La casa donata si può vendere? Come evitare brutte sorprese per gli eredi

Vendere la casa donata potrebbe apparire un’operazione esente da inconvenienti, ma non bisogna dimenticare gli eredi legittimari potrebbero in futuro vantare dei diritti sull’immobile venduto. Vediamo più da vicino.

Tra gli atti di liberalità più diffusi vi è la donazione di una casa, ma attenzione alle regole da seguire per fare tutto in conformità alla legge.

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Informazione Oggi

Chiariamo subito che sul piano strettamente legale, intestare un immobile a qualcuno significa predisporre un atto di donazione. Ebbene, non sono rari i casi di chi dopo aver ricevuto un’abitazione in regalo da un familiare, ed averci vissuto per un periodo, intende venderla ad un soggetto terzo.

Si tratta di una situazione dove tutto pare esente da specifici rischi, ma così non è e vedremo più avanti perché. Ecco il motivo per cui di seguito affronteremo proprio il tema della vendita dell’immobile anteriormente donato, in modo da aver chiaro qual è il quadro della situazione, delle conseguenze e dei possibili rischi nei confronti degli eredi. I dettagli.

Donazione casa: regole fondamentali

Anzitutto ricordiamo alcuni aspetti fondamentali che riguardano proprio la donazione. Ciò ci serve a sottolineare subito che ciò che attiene alla donazione ed alla vendita post donazione deve essere sempre conforme alla legge e deve seguire regole formali rigide e precise.

Perciò sappi anzitutto che, al fine di donare la propria abitazione in modo valido:

  • non si può donare la casa con una scrittura privata, poiché è sempre necessario il rogito notarile vale a dire l’atto pubblico in presenza del notaio, con due testimoni di solito messi a disposizione da parte dello stesso studio notarile;
  • la promessa di una futura donazione non ha alcuna importanza per la legge, e questo vuol dire che anche se fosse firmata innanzi ad un notaio, o si procede con la donazione vera e propria o ogni anteriore impegno è nullo;
  • la donazione non può essere fatta oggetto di revoca, salvo sopravvenienza di figli e indegnità del donatario;
  • la donazione diviene definitiva soltanto dopo che sono decorsi 20 anni dalla data nella quale è stata trascritta nei pubblici registri. Ma in caso di donazione fatta senza partecipazione del notaio può essere impugnata in ogni momento;
  • la donazione eseguita in favore di figli e coniuge è da considerarsi un anticipo sulla legittima, vale a dire sulla quota minima di eredità che è dovuta per legge.

Specialmente l’ultimo punto è di grande rilievo in caso di vendita a terzi di una casa donata, e vedremo tra poco perché.

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Vendita della casa donata e lesione della quota di legittima: le contromosse degli eredi

Pensiamo al caso di chi riceve in donazione un’abitazione, ci vive per un periodo e poi decide di andare a vivere altrove, magari in una casa più grande perché avrà dei figli. Ebbene in questi casi la persona interessata a comprarla, informata della donazione, potrebbe evidenziare incertezza, affermando che, considerato l’atto da cui proviene la casa, sia lui che il donatario potrebbero avere problemi in futuro, perché gli eredi del donante potrebbero chiederne la restituzione.

Infatti la donazione, per legge, non può dare luogo ad una lesione delle cosiddette quote di legittima, ovvero quella parte del patrimonio del donante / de cuius, che la regole di legge assegnano in modo obbligatorio al coniuge e ai figli (o, in mancanza dei figli, ai genitori) – i cd. eredi legittimari.

In particolare, a seguito di donazioni fatte in vita dal de cuius, se il patrimonio di questi non basta ad assicurare agli aventi diritto la loro quota, essi possono far valere un’azione ad hoc, quella di riduzione. Grazie a quest’ultima, si potrà rendere inefficaci una o più donazioni, con la conseguenza che il bene donato torna ad esser compreso nell’asse ereditario.

Perciò gli eredi legittimari hanno facoltà di impugnare la divisione ereditaria se sono venuti a conoscenza di aver conseguito meno di quanto previsto dalla legge e, allo stesso tempo, far revocare le donazioni fatte dal donante in vita. C’è però un ben preciso termine, pari a 10 anni dall’apertura della successione ovvero dalla morte del donante.

I rischi per il compratore

Vinta la causa, gli eredi che intendono tornare in possesso di un bene donato devono esercitare nei confronti del donatario o del compratore un’ulteriore azione, detta di restituzione. Essa tuttavia non può essere fatta trascorsi 20 anni dalla donazione. Grazie ad essa gli eredi potranno così riprendersi ugualmente l’immobile dal compratore, se non sono passati più di 20 anni dall’atto di donazione.

Ricapitolando, la donazione diviene definitiva soltanto dopo il decorso del citato ventennio e soltanto allora il donatario potrà vendere in totale libertà il bene, senza rischi per il compratore. Ecco perché nella prassi non è raro vedere i notai sconsigliare di fare una donazione dell’immobile, proprio per i rischi connessi ad una futura possibile vendita.

Sulla vendita prevale infatti la regola per cui, onde evitare discriminazioni tra eredi legittimari, la donazione rappresenta un anticipo sulla quota di legittima che varrebbe a favore del donatario al decesso del donante.

Concludendo, onde evitare problemi con gli eredi legittimari è sempre preferibile procedere all’eventuale vendita dell’immobile in donazione dopo che sono trascorsi i termini di prescrizione delle azioni di riduzione e di restituzione, che sopra abbiamo indicato. Se l’attesa è troppo lunga, la sola altra alternativa è quella di verificare in anticipo che i legittimari non abbiano interesse ad opporsi, facendosi consegnare da questi ultimi un atto scritto con cui affermano di rinunciarvi. Per questa via non vi saranno rischi nella vendita della casa donata.

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